Ai fini dello studio del Legame chimico covalente sono state formulate diverse teorie. Le più importanti e qui studiate sono la
Teoria del Legame di Valenza (Valence Bond Theory)
e la
Teoria degli Orbitali Molecolari (Molecular Orbitals Theory)
Queste due teorie condividono molte assunzioni ma differiscono in molti aspetti.
Esse sono simili perché entrambe assumono che:
i legami covalenti si formano per condivisione di elettroni tra atomi;
l’attrazione tra gli elettroni di legame e i nuclei degli atomi legati determina una
diminuzione dell’energia e quindi la formazione del legame;
2 atomi si legano per sovrapposizione di due orbitali atomici (AO) e formazione di un orbitale molecolare (MO);
si possono formare due tipi di legame covalente: legame covalente σ (sigma) e π (pi-greco) a seconda che la sovrapposizione sia frontale o
laterale.
e però:
Teoria del Legame di Valenza o Valence Bond Theory
La teoria del legame di valenza (Valence Bond Theory) fu proposta nel 1927 da W.Heitler e F.London e successivamente ampliata e sviluppata da L.Pauling
con l’introduzione dei concetti di risonanza (1928) e di ibridazione orbitalica (1930).
La teoria interpreta la formazione del legame covalente mediante il concetto quantomeccanico di orbitale.
Essa mette in relazione il legame fra due atomi con gli orbitali atomici che contengono gli elettroni implicati nel legame stesso.
Nella teoria VB il legame covalente è dovuto alla condivisione di una coppia di elettroni da parte di due atomi: secondo tale teoria, il legame
covalente si forma quando una coppia di elettroni con spin opposti viene condivisa da due atomi per parziale sovrapposizione dei loro orbitali atomici
(ciascun atomo contiene un orbitale con un solo elettrone).
Pertanto la formazione della molecola e del legame si può considerare come derivante dall’avvicinamento di atomi completi che possono così
interagire fino ad avere una sovrapposizione di orbitali atomici.
Secondo la teoria VB un legame tra due atomi si forma se sono verificate le seguenti condizioni:
un orbitale di un atomo ed un orbitale dell’altro atomo si sovrappongono, cioè parte delle densità elettroniche dei due orbitali occupano la stessa
regione dello spazio;
il numero complessivo di elettroni contenuti nei due orbitali sovrapposti non deve essere maggiore di due (Principio di Esclusione di Pauli sempre
operante).
La forza del legame dipende quindi dal grado di sovrapposizione: maggiore è la sovrapposizione degli orbitali e più forte è il legame.
Occorre però anzitutto parlare del motivo per cui i diversi elementi tendano a legarsi chimicamente tra loro dando così composti.
La ragione fondamentale sta nel fatto che con il rimaneggiamento delle configurazioni elettroniche esterne conseguenti alla formazione dei Legami
chimici,
gli elementi raggiungono una maggiore stabilità con un minore contenuto di Energia Potenziale;
essi quindi formano molecole o aggregati ionici che sono più stabili (per minor contenuto energetico) rispetto agli atomi isolati.
Per il raggiungimento della stabilità molecolare gli elementi chimici seguono quattro modalità diverse; si ha
1) Regola dell’ottetto*
2) Regola del duetto
3) Espansione dell’ottetto a 10 elettroni: il caso di PCl5 (Regola del decetto?)**
4) Espansione dell’ottetto a 12 elettroni: il caso di UF6 (Regola del dodecetto?)***
Note * La Regola dell'ottetto conduce all'ibridizzazione tetraedrica sp3 ** L’Espansione a 10 elettroni o Regola del decetto conduce all'ibridizzazione sp3d
*** L’Espansione a 12 elettroni o Regola del dodecetto conduce all'ibridizzazione sp3d2
Comunque ci sono sempre numerose eccezioni.
Le Regole più importanti, più note, meglio conosciute perché si possono applicare a numerosi casi di formazione di legame chimico tra
elementi sono
Le Regole dell'ottetto e del duetto
La Regola dell'ottetto discende dal fatto che gli elementi dell’8° Gruppo A, chiamati gas rari, gas inerti o anche gas nobili, le cui configurazioni
elettroniche sono riportate qui di seguito
risultano possedere una notevole stabilità della configurazione ad OTTO elettroni esterni, tanto che
tutti gli atomi in grado di farlo, acquistando, cedendo o condividendo elettroni, cercano di assumere
questa configurazione ad otto elettroni o di ottetto
portandosi nella configurazione ad ottetto del gas raro più vicino nella Tavola Periodica.
E questo vale per gli elementi degli otto gruppi di tipo A e non solo, fatta eccezione per l’Idrogeno e gli elementi chimici intorno ad esso
(Litio, Berillio) che invece
tendono ad assumere la configurazione elettronica di duetto, tipica dell’elemento chimico Elio He, anch'esso gas raro
per essi la stabilità
deriva dal completamento del primo livello elettronico, costituito appunto solo dal sottolivello 1s2.
Si può allora affermare che secondo la
Teoria del Legame di Valenza
gli elementi chimici formano legami perchè
tendono ad assumere la configurazione elettronica (di ottetto o di duetto, a seconda dei casi) del gas raro ad essi più vicino nella Tavola Periodica.
Questo appunto perchè le configurazioni di duetto o di ottetto risultano essere particolarmente stabili.
Quindi ricapitolando, la teoria del legame di valenza (Valence Bond, VB) si basa sull’assunzione che un legame covalente si formi quando gli orbitali di
due atomi si sovrappongono.
Fondamentalmente, i principi di base che regolano la sovrapposizione degli orbitali sono tre:
quando due orbitali atomici si sovrappongono per formare un legame, la regione di sovrapposizione può ospitare solo due elettroni di spin
opposto (Principio di Esclusione di Pauli).
La forza di legame dipende dall’attrazione esercitata dai nuclei sugli elettroni condivisi e, quindi, maggiore è la sovrapposizione degli
orbitali più è forte (stabile) il legame.
L’entità della sovrapposizione dipende dalla forma e dall’orientamento degli orbitali coinvolti.
Allora vediamo nei vari casi di Legame covalente che cosa succede.
Consideriamo a questo proposito e per cominciare il caso della formazione della molecola di idrogeno H2.
A tal fine ricordiamo che l’atomo di idrogeno ha una configurazione elettronica con un solo elettrone nell’orbitale 1s,
orbitale che è a simmetria sferica.
Avremo evidentemente una situazione schematizzata nella figura qui di seguito che è una rappresentazione dei due orbitali atomici 1s dei due atomi
di H che immaginiamo di voler legare
E questi sono i due elettroni (le freccette) nei due orbitali 1s dei due atomi di H, supposti con lo stesso spin (non importa molto come inizialmente
abbiano lo spin).
La teoria del VB sostiene che i due atomi si avvicinino in modo da
sovrapporre le nuvole elettroniche dei due orbitali 1s, creando un’unica regione comune che corrisponde ad un unico orbitale esteso ai
due atomi H dove trovano posto i due elettroni, appaiando i loro spin
Si forma dunque un unico orbitale comune ai due atomi chiamato
orbitale molecolare di tipo σ (sigma), dove trovano posto i due elettroni, e legame sigma a sovrapposizione frontale, con
l’asse di legame coincidente con la congiungente i due nuclei.
Si forma così la molecola biatomica H2 dell’idrogeno, che risulta più stabile dei due atomi isolati perchè i due atomi di
Idrogeno completano il duetto e il primo livello energetico.
Consideriamo il caso di un elemento del 7° gruppo di tipo A, per esempio il fluoro, la cui configurazione elettronica è
F (Fluoro, Z=9) 1s2 | 2s2 2p5
E il suo diagramma a punti, cioè lo schema di Lewis degli elettroni di valenza è
da cui si vede che al Fluoro manca 1 elettrone per raggiungere la stabilità di ottetto e lo può fare legandosi, per esempio, ad un secondo atomo di
Fluoro, mediante la sovrapposizione dei due orbitali del sottolivello 2p (uno per atomo) aventi l'elettrone spaiato.
L’elettrone spaiato si trova in uno dei tre orbitali del sottolivello 2p; per fissare le idee possiamo pensare che si tratti dell’orbitale 2px ; quello che succede è raffigurato di seguito
anche in questo caso il legame che da' luogo alla molecola di Fluoro F2 è di tipo sigma, cioè a sovrapposizione orbitalica frontale.
Quindi si forma un unico orbitale per sovrapposizione degli orbitali 2px dei due atomi, dove trovano posto i due elettroni spaiati, formando il doppietto elettronico di legame che consente ai due
atomi di Fluoro di completare l’ottetto; tutto questo, notare, con la formazione di un legame σ (sigma) per sovrapposizione frontale dei due orbitali 2px.
In quest'ultima immagine si vedono i tre orbitali 2p (2p1x, 2p2y, 2p2z) nei due atomi separati e la situazione dopo la formazione del legame sigma.
Come si vede i lobi esterni si “atrofizzano” perchè la carica elettronica si sposta verso il centro (più la carica elettronica si sposta verso il centro, più il legame che si forma è forte).
Un’altra raffigurazione qui sotto
La stessa cosa capita per il Cloro e per gli altri alogeni (cioè Bromo, Br e Iodio, I) solo che l’orbitale con l’elettrone spaiato coinvolto nella formazione del legame covalente sigma è il 3px
per il Cloro, il 4px per il Bromo e il 5px per lo Iodio.
Quindi i due atomi uguali si legano per formazione di un orbitale molecolare per sovrapposizione SOLO degli orbitali contenenti elettroni spaiati!
Questa è una delle differenze con la Teoria degli Orbitali Molecolari (Molecular Orbitals Theory) che considereremo in seguito.
Se pensiamo alla molecola di Ossigeno, O2, e a delle ipotesi sulla sua formazione e struttura, dall’esame della Configurazione Elettronica Esterna e del conseguente Diagramma a Punti, si deduce
che i legami covalenti che forma l’ossigeno per portarsi nella configurazione esterna di Ottetto sono due perchè gli elettroni spaiati sono due, infatti si ha
O (Ossigeno, Z=8) 1s2 | 2s2 2p4
E il suo diagramma a punti, cioè lo schema di Lewis degli elettroni di valenza è
Dal diagramma a punti di Lewis e da quanto appreso fin’ora, appare chiaro che si debba formare un doppio legame covalente, come schematizzato a sinistra perchè in tal modo i due atomi
di Ossigeno raggiungono la configurazione esterna stabile di ottetto.
Se vediamo la situazione dal punto di vista della formazione dei due legami, prima ovviamente si forma il legame
σ (sigma) che irrigidisce la molecola in maniera tale che il secondo legame può
essere solo un legame a sovrapposizione laterale, cioè un legame π (pi-greco):
con la nuvola di carica elettronica pi-greco che si trova sopra e sotto il piano dell'orbitale di legame sigma.
In realtà, come si vedrà meglio in seguito, la formazione dei legami non riguarda orbitali 2p; solo il legame pi-greco avviene tra orbitali
di tipo 2p.
Gli altri orbitali atomici messi in gioco, di cui due restano come doppietti elettronici liberi, sono
orbitali ibridi di tipo sp2.
Qui di seguito si vede un'altra rappresentazione del legame covalente di tipo π (pi-greco)
Se, infine, pensiamo alla molecola di Azoto, N2, e a delle ipotesi sulla sua formazione e struttura, dall’esame della Configurazione Elettronica Esterna e del conseguente Diagramma a Punti, si deduce
che i legami covalenti che forma l’azoto per portarsi nella configurazione esterna di Ottetto sono tre perchè gli elettroni spaiati sono tre,
infatti si ha
N (Azoto, Z=7) 1s2 | 2s2 2p3
E il suo diagramma a punti, cioè lo schema di Lewis degli elettroni di valenza è
Dal diagramma a punti di Lewis e da quanto appreso fin’ora, appare chiaro che si debba formare un triplo legame covalente, come schematizzato
a sinistra perchè in tal modo i due atomi di Azotoo raggiungono la configurazione esterna stabile di ottetto.
Quindi nella molecola di Azoto (N2) i legami covalenti
π
saranno due, perchè complessivamente si hanno tre legami: un legame
σ (sigma) e due
π (pi-greco).
In maniera forse più chiara si osserva nell'immagine qui sotto lo schema di formazione dei tre legami covalenti:
L'orbitale 2px di ogni atomo si sovrappone frontalmente con il 2px dell'altro, formando così un legame covalente sigma (lobi verdi);
gli altri due orbitali 2p (cioè il 2py e il 2pz) di ogni atomo, si possono sovrapporre lateralmente sul piano o sopra e sotto il
piano dell'orbitale 2px, formando due orbitali pigreco.
Si osservi che in questo modo i due atomi di Azoto completano l’ottetto, come necessario.
La formazione di molecole biatomiche eteronucleari
In maniera analoga possiamo pensare di legare un atomo di idrogeno H· (1s1) con un atomo di
F (Fluoro, Z=9) 1s2 | 2s2 2p5
o un atomo di
Cl (Cloro, Z=17) 1s2 | 2s2 2p6 | 3s2 3p5
entrambi appartenenti al gruppo
7°A (chiamato gruppo degli alogeni)
e quindi dotati di un solo elettrone spaiato che per fissare le idee si trova nell’orbitale 2px nel caso dell’atomo di Fluoro e nel 3px nel caso dell’atomo di Cloro.
Anche in questo caso si forma un orbitale molecolare per sovrapposizione dell’orbitale 1s1 dell’Idrogeno e npx (n=2,3) dell’alogeno.
In questo caso tra l’altro occorre osservare che il doppietto elettronico condiviso non è equamente condiviso tra i due atomi, essendo questi atomi di elementi diversi; si deve considerare infatti la
proprietà degli elementi denominata elettronegatività, definita come la
capacità di un elemento di attirare verso di sè il doppietto condiviso; cosa questa che porterà a definire come elemento più elettronegativo quello che attrarrà più fortemente il
doppietto elettronico condiviso, che risulterà pertanto più o meno marcatamente spostato verso l’atomo più elettronegativo.
A questo proposito sono stati fatti tentativi per definire una scala delle elettronegatività degli elementi;
la scala migliore di elettronegatività è quella dovuta a Linus Pauling;
riferendosi ad essa si parla di Elettronegatività secondo Pauling.
Tornando alla molecola H-F, si osserva che anche in questo caso si è formato un orbitale di legame σ (sigma) per sovrapposizione frontale dei due orbitali degli atomi H ed F.
L' ELETTRONEGATIVITA' DEGLI ELEMENTI
Che cosa s’ intende per
elettronegatività di un elemento?
Si ha la seguente definizione:
L’elettronegatività di un elemento misura la forza con cui questo attira verso di sè il doppietto elettronico condiviso in un legame
chimico.
Questo significa che se si stabilisce un legame covalente tra due atomi diversi, il doppietto elettronico condiviso non è equamente condiviso
tra i due atomi, perchè esso si trova per più tempo, e quindi appartiene di più, all' atomo più elettronegativo.
Di conseguenza il doppietto elettronico condiviso in un legame covalente sigma o pigreco è rigorosamente equamente condiviso solo se i due atomi
legati appartengono allo stesso elemento chimico e questo capita nel caso di molecole biatomiche o poliatomiche omonucleari; in tal caso si parla di
Legame covalente puro
diversamente in caso di legame covalente avremo un
Legame covalente polare
I valori di elettronegatività sono stati determinati dal chimico Linus PAULING e sono riportati nella tavola periodica insieme ad altre grandezze
chimico-fisiche di un elemento.
L' elettronegatività di un elemento serve a fare delle previsioni, di limitata validità, sul tipo di legame chimico che si forma quando
due atomi si legano.
In realtà la natura di un legame chimico e la sua maggiore o minore polarità può dipendere da molteplici
fattori anche legati a fattori induttivi degli atomi vicini ma non direttamente coinvolti nel legame considerato.
Nonostante ciò, la scala di elettronegatività secondo Linus Pauling è abbastanza attendibile nelle sue predizioni ed ancora oggi viene
regolarmente utilizzata.
Secondo questa scala, il legame covalente polare si forma a condizione che la differenza di
elettronegatività tra gli atomi legati sia inferiore a 1,7; cioè dette
xA e xB
i valori di elettronegatività degli atomi
A e B che si legano deve risultare:
| xA - xB | < 1,7
Diversamente, se risulta
| xA - xB | > 1,7
il legame è sicuramente
Legame ionico
Riassumendo
se i due elementi non metallici che si legano hanno la stessa elettronegatività il legame è covalente puro, mentre se hanno
diversa elettronegatività, il legame è covalente polare.
Se il legame è covalente polare, significa che il doppietto elettronico condiviso è più spostato verso l’atomo più
elettronegativo, e lo spostamento sarà tanto più grande quanto più alta sarà la differenza di elettronegatività tra i due atomi legati.
Da quanto detto scaturisce che l’atomo più elettronegativo diventa sede di una frazione δ- di carica elettrica negativa, mentre l’atomo
meno elettronegativo è sede di una piccola frazione di carica elettrica positiva δ+ .
Nella figura seguente sono illustrate le elettronegatività degli elementi secondo Pauling.
Tranne alcune eccezioni negli elementi di transizione, tale proprietà "tende" ad aumentare spostandosi verso destra e verso l'alto convergendo verso il valore massimo assunto dal fluoro.
Si noti che l’idrogeno, dal punto di vista dell’elettronegatività, si può considerare compreso tra gli elementi del terzo e quarto gruppo con numero quantico 2 (cioè tra Boro e Carbonio).
Colorati in verde i semi-metalli (elementi di confine tra i metalli e i non metalli).
Nella figura qui sotto, vediamo una rappresentazione tridimensionale della scala delle Elettronegatività secondo Pauling
Se il legame è covalente, ma la differenza di elettronegatività tra i due atomi è alta, il suo grado di polarizzazione elettrica
sarà elevato, cioè il legame avrà un’alta percentuale di separazione di carica elettrica.
Dunque, quando si forma un legame covalente tra due atomi che presentano diversa elettronegatività la nube elettronica che
costituisce il legame covalente risulta spostata verso l’atomo più elettronegativo.
Quest’ultimo acquista pertanto una carica parzialmente negativa (indicata con δ-), mentre l’altro acquista una carica
parzialmente positiva (δ+).
La distribuzione asimmetrica della nuvola elettronica produce dunque due poli aventi carica opposta (dipolo elettrico) ed il legame viene
perciò definito covalente polare.
È ciò che accade, come visto nella molecola dell’
Acido Cloridrico (HCl) in cui l’Idrogeno condivide un
elettrone con il Cloro.
Il Cloro più elettronegativo presenta una parziale carica negativa e la molecola di HCl risulta polare
A questo proposito Pauling determinò la componente covalente del legame in HCl, con la felice intuizione che ebbe partendo dalle energie di legame
associate con le specie molecolari delle molecole H2 e Cl2.
Note le energie di legame delle molecole H2 e Cl2 si poteva determinare l’energia di legame di HCl dalla equazione:
BEHCl = sqrt(BEH2 ⋅ BECl2)
Denotando con sqrt la radice quadrata e con il simbolo
BE l’energia di legame (Bonding Energy).
Sapendo che (dati sperimentali):
BEH2 = 430 kJ/mol (Energia di legame H-H)
e
BECl2 = 238 kJ/mol (Energia di legame Cl-Cl)
L'ipotesi fatta da Pauling per i suoi calcoli fu che
l'energia di legame BEHCl nella molecola
HCl , se questa avesse un
legame covalente puro, si potrebbe ottenere come media quadratica delle energie di legame delle molecole
H2 e Cl2
da cui essa deriva.
Questo valore dell’energia del legame
H-Cl, calcolata teoricamente ammettendo, cosa non vera, che il
legame sia puramente covalente, pari a
320 kJoule/mol, differisce ovviamente dal valore reale determinato sperimentalmente e pari a
426 kJoule/mol .
Si può pensare che la differenza, pari a
426 kJoule/mol - 320 kJoule/mol = 106 kJoule/mol sia dovuta al contributo ionico al legame
a causa della differenza di elettronegatività
tra H e Cl che determina una polarizzazione elettrica a cui corrisponde un certo grado di carattere ionico del legame, si può ipotizzare una energia di legame maggiore
in quanto data dalla somma di due contributi: quello di legame covalente + quello di legame ionico.
Di conseguenza, se all'energia di legame reale, determinata sperimentalmente, sottraggo il contributo dovuto alla natura covalente del legame, calcolato
teoricamente, si ottiene l'ammontare Δ del contributo ionico:
il valore appunto trovato precedentemente, cioè
Δ = 426 – 320 = 106 kJ/mol
Sulla base di queste considerazioni, Pauling elaborò una scala delle elettronegatività relative per gli elementi, fissando arbitrariamente
l’elettronegatività dell’idrogeno uguale a 2,2 e ricavando tutte le altre elettronegatività in base alla formula empirica
|xA – xB)| = 0,102 ⋅ sqrt(Δ)
quando Δ è misurata in kJ/mol; proponendo inoltre una relazione empirica tra la percentuale di carattere legame ionico con la differenza di
elettronegatività:
essendo xA e xB rispettivamente le elettronegatività dell’elemento A e dell’elemento B.
Espressione che si può scrivere anche, sostituendo alla differenza di elettronegatività e moltiplicando
% di carattere ionico = (1 – e- 0.0026 ⋅ Δ) ⋅ 100
Così ad esempio per l'Acido Cloridrico, dove Δ = 106 kJ/mol, risulta
Questo valore dell’energia del legame
H-F, calcolata teoricamente ammettendo, cosa non vera, che il
legame sia puramente covalente, pari a
258 kJoule/mol, differisce ovviamente dal valore reale determinato sperimentalmente e pari a
565 kJoule/mol .
Si può pensare che la differenza, pari a
565 kJoule/mol - 258 kJoule/mol = 307 kJoule/mol sia dovuta al contributo ionico al legame.
Di conseguenza, se all'energia di legame reale, determinata sperimentalmente, sottraggo il contributo dovuto alla natura covalente del legame, calcolato
teoricamente, si ottiene l'ammontare Δ del contributo ionico:
il valore appunto trovato precedentemente, cioè
Δ = 565 – 258 = 307 kJ/mol
con il quale si può calcolare la % di legame ionico per HF:
trovando un valore più elevato rispetto alla molecola HCl.
Possiamo visualizzare le principali informazioni su Elettronegatività e Carattere di Legame con la figura
Da cui si vede che l’elettronegatività aumenta generalmente (andamento vario per i metalli di transizione) lungo un periodo, percorrendolo da sinistra a destra, e diminuisce scendendo (verso Z maggiori) lungo un gruppo.
L’ibridizzazione degli Orbitali Atomici
L’idea di ibridizzazione degli Orbitali Atomici si rese necessaria la prima volta per
spiegare il comportamento del Carbonio nella formazione di molti suoi composti.
Se si considera infatti la sua configurazione elettronica
C (Carbonio, Z=6) 1s2 | 2s2 2p2
e il suo diagramma a punti, cioè lo schema di Lewis degli elettroni di valenza è
si vede che questo elemento, in base alla sua configurazione elettronica fondamentale, avendo solo 2 elettroni spaiati, dovrebbe essere in grado di
formare solo due legami covalenti; inoltre risulta avere un orbitale 2p vuoto.
In realtà invece in tantissimi composti, come ad esempio nel caso più semplice del metano di formula
CH4,
è in grado di formare 4 legami covalenti.
In un primo momento si pensò che la questione si potesse risolvere immaginando che l’atomo promuovesse uno degli elettroni dal 2s
all’orbitale vuoto 2p, venendosi così a trovare con quattro elettroni spaiati
l’economia energetica era fatta salva considerando che il lavoro necessario per spostare l’elettrone nel 2p vuoto, venisse largamente compensato
dal guadagno energetico ottenuto con la formazione di quattro legami invece di due.
Questo però non bastava dal momento che si trovò sperimentalmente che i quattro legami erano esattamente equivalenti tra loro; quindi la
molecola CH4 risultava essere molto simmetrica, e questo non era affatto in accordo con la configurazione elettronica esterna costituita
da un orbitale, quello 2s, avente simmetria completamente diversa da quella dei 2p.
I quattro orbitali che formavano i quattro legami covalenti σ
dovevano essere perfettamente equivalenti tra loro; solo così si otteneva una molecola
CH4 perfettamente simmetrica.
La soluzione consisteva nell’immaginare che i quattro orbitali si combinassero (mescolassero) tra loro per dare quattro orbitali equivalenti ibridi:
questo non era affatto strano, dal momento che
matematicamente parlando significa considerare quattro combinazioni linearmente indipendenti delle funzioni
d’onda che descrivono gli orbitali atomici
2s, 2px , 2py e 2pz ; cosa che in meccanica quantistica è perfettamente lecita valendo il
Principio di Sovrapposizione dei fenomeni ondulatori.
quindi riassumendo e chiarendo
L'ibridizzazione (o ibridazione) è un procedimento di combinazione matematica di un certo numero di orbitali (orbitali s, p, d) con contenuto energetico
poco diverso (quindi orbitali di valenza) di uno stesso atomo che permette di ottenere nuovi orbitali ibridi equivalenti (isoenergetici) con i lobi
orientati lungo le direzioni dei possibili legami che l’atomo in questione può formare con altri atomi.
L’ibridizzazione infatti non è appannaggio esclusivo dell’elemento Carbonio (anche se per questo elemento è un fenomeno che sta alla base di
tutta la chimica organica), ma riguarda un comportamento molto frequente ed esteso a molti elementi chimici quando danno composti mediante formazione di legami.
A seconda del tipo e numero di orbitali atomici che si ibridizzano, si possono avere
Tipo di ibridizzazione
Numero e caratteristiche orbitali ibridi
Figura rappresentativa
sp
Due orbitali ibridi sp orientati a 180° tra di loro
sp2
Tre orbitali ibridi coplanari e orientati a 120° tra di loro
sp3
Quattro orbitali ibridi orientati lungo gli assi di un tetraedro
sp3d
Cinque orbitali ibridi orientati lungo gli assi di una bipiramide trigonale
sp3d2
Sei orbitali ibridi orientati lungo gli assi di una ottaedro
Pian piano si fece strada l'idea che l'ibridizzazione poteva essere utilizzata per spiegare tutte le strutture molecolari: cioè la norma è che
gli orbitali atomici non formino legami allo stato fondamentale, ma solo dopo essersi ibridizzati.
Le caratteristiche salienti e i punti di forza di questa teoria del Legame covalente sono qui di seguito riassunti
Gli orbitali atomici per combinarsi reciprocamente devono essere energeticamente simili fra loro.
Questo significa in pratica che l’ibridizzazione può riguardare solo gli orbitali dello stesso livello energetico, cioè con lo stesso numero quantico
principale.
Un atomo isolato non è sede di orbitali ibridi; si pensa che l’ibridizzazione degli orbitali atomici avvenga contestualmente alla formazione di
un legame chimico.
L’ibridizzazione porta ad un numero di orbitali ibridi uguale a quello degli orbitali atomici originari combinatisi.
Gli orbitali ibridi ottenuti sono fra loro identici per energia, intermedia rispetto a quella degli orbitali atomici di partenza; sono fra loro identici
per forma e simmetria e maggiormente direzionati rispetto agli orbitali di partenza.
Gli orbitali ibridi sono orientati nello spazio in modo da formare un insieme altamente simmetrico. Uno o più orbitali ibridi possono essere
occupati da doppietti elettronici (lone pairs) invece di partecipare direttamente a legami molecolari.
L’ibridizzazione non è un fenomeno fisico osservabile ma discende dal Principio di sovrapposizione tipico dei fenomeni ondulatori e si ottengono per
combinazione matematica delle funzioni d’onda primitive che descrivono gli orbitali.
Si ritiene che gli atomi che concorrono alla formazione di legami chimici covalenti,lo facciano tramite orbitali ibridi che coinvolgono tutti o
parte degli orbitali del livello elettronico esterno di valenza.
L’ibridizzazione degli orbitali è parte integrante della teoria del Legame di Valenza e non viene considerata in contrapposizione con altre
teorie su argomenti analoghi (es. VSEPR e Teoria degli Orbitali Molecolari).
Si tratta di uno dei “metodi migliori attualmente disponibili” per rendere conto della direzionalità dei legami chimici e quindi della
struttura delle molecole.
Per comprendere che tipo di ibridizzazione ha subito un atomo prima di legarsi non basta vedere quanti legami ha formato, ma occorre contare anche i
lone pairs o doppietti elettronici liberi che ha
Così nel caso del Carbonio nella molecola di metano, è evidente come l'ibridizzazione sia di tipo
sp3 perchè i legami formati con altrettanti atomi di Idrogeno sono quattro
Nel caso dell'ammoniaca NH3 oltre ai 3 legami covalenti c'è un doppietto
elettronico libero e quindi l'ibridizzazione è di tipo tetraedrico; però si tratta di un tetraedro distorto perchè il lone pair esercita una
azione repulsiva sugli elettroni dei legami maggiore di quella tra le coppie elettroniche legate e quindi l'angolo di legame si riduce da 109° 30'
nella molecola di metano a 107° 20' nella molecola di NH3
L'azione repulsiva dei lone pairs è ancora più accentuata nel caso della molecola H2O dal momento che i lone pairs sono due; infatti
l'angolo di legame H-O-H si riduce a 104° 30'
Qui sotto un filmato di animazione che mostra i vari tipi di ibridizzazione
Per quanto riguarda l'ibridizzazione sp2, il caso più noto e studiato è sicuramente quello del Carbonio, però si possono fare
anche altri esempi, che si vedranno tra poco.
Nella figura qui sotto è riassunto il caso dell’ibridizzazione sp2 del Carbonio nella molecola planare dell’etilene
Questa figura va considerata come suddivisa in tre parti
Nella parte superiore a sinistra è rappresentata la Configurazione elettronica esterna del Carbonio allo stato fondamentale,
con 2 elettroni spaiati negli orbitali 2p; nella parte destra, sempre in alto, si osserva la configurazione elettronica esterna dopo la formazione degli
ibridi sp2: notare che gli ibridi sono degeneri (isoenergetici) ed hanno Energia intermedia tra quella dei 2p e del 2s (livello tratteggiato
perchè l’orbitale non c’è più, essendosi ibridizzato).
Nella parte centrale sinistra è visibile la formula di struttura dell’etilene (o etene) come si scrive di solito; mentre a destra sono
visibili nell’ordine l’insieme degli orbitali di valenza di un atomo isolato
ad ibridazione avvenuta, seguito dall’insieme di tutti i legami sigma (σ) dell’etilene.
Infine nella parte inferiore centrale sono visibili, sui due atomi di Carbonio, gli orbitali 2pz che non si sono ibridizzati, con gli assi
obbligatamente paralleli e pronti per formare il legame pi-greco (π) visibile nell’ultima figura in basso a destra.
Qui sotto c’è un altro schema della formazione della molecola CH2=CH2 con relativa ibridizzazione sp2 degli atomi di carbonio
Altri esempi che si possono fare per l’ibridizzazione sp2 sono quelli dell’anidride nitrosa e dell’acido nitroso, dell’anidride
solforosa e solforica, ecc...
Per esempio, l’anidride nitrosa, che è un liquido di colore blu che bolle a -27°C e si decompone facilmente, è costituita da 2 forme
tautomere le cui strutture son qui riportate
Da esse si vede che sugli atomi di Azoto N è presente un doppio legame che testimonia la presenza di ibridizzazione sp2 con i lone pairs
e i legami σ situati su orbitali ibridi sp2.
Per l’anidride solforosa si ha
Da cui si vede che la molecola SO2 ha struttura sp2 con angolo O-S-O di pochissimo inferiore a 120°, a causa della maggior repulsione degli elettroni lone pair rispetto alle coppie elettroniche di legame, e come ibrido di risonanza delle
due strutture limite raffigurate, dove c’è un doppio legame (σ-π), un legame covalente dativo (la freccia) e un lone pair.
In tutti i casi passati in rassegna gli atomi raggiungono la configurazione elettronica esterna di ottetto. Ci sono però elementi, come il Boro, B
che sono in difetto di elettroni e non sempre si possono portare nella configurazione di ottetto.
Il Boro infatti ha configurazione elettronica fondamentale
B (Boro, Z=5) 1s2 | 2s2 2p1
se promuove un elettrone dall’orbitale 2s al primo orbitale 2p vuoto e poi si ibridizza sp2 lasciando fuori l’orbitale 2pz,
che resta vuoto, si ritrova con tre orbitali ibridi planari a 120° contenenti ognuno un elettrone spaiato, con i quali può formare tre legami covalenti
con altrettanti atomi di Fluoro, ottenendosi la molecola BF3 planare.
La struttura è stabilizzata dalla delocalizzazione elettronica dei doppietti degli atomi di fluoro tra orbitali 2pz del Boro e dei tre
atomi di Fluoro, con un guadagno energetico per risonanza; infatti la distanza di legame tra boro e fluoro è più piccola di quella che ci si aspetterebbe
per un legame singolo e questo è stato interpretato con la presenza di un apprezzabile contributo π al legame.
Come mostrato nella figura, è facile invocare una sovrapposizione tra l’orbitale p dell'atomo di boro centrale con una combinazione dei tre
orbitali p con la stessa orientazione presenti sugli atomi di fluoro.
La
Teoria del Legame di Valenza
fu quindi estesa e completata grazie a Pauling ed altri importanti contributi introducendo
il concetto di Risonanza e delocalizzazione
elettronica, e quello di Ibridizzazione.
Anche le molecole di Ossigeno O2 e azoto N2 possono essere considerate come formate da orbitali ibridi, la prima con una
ibridizzazione
sp2 e la seconda con una ibridizzazione sp
anche se il beneficio di fare ricorso ad orbitali ibridi è relativo o nullo.
Il caso classico, più noto e significativo di bridizzazione sp2 con conseguente delocalizzazione elettronica è sicuramente quello
del Benzene di formula bruta C6H6.
La prima interpretazione della sua struttura risale al chimico belga Kekulé di fine ottocento che ebbe l’intuizione secondo la quale la molecola
doveva essere un anello e costituita da due forme in equilibrio dinamico tra loro le cui strutture sono ancora oggi chiamate formule di
Kekulé
Le decisive interpretazioni della struttura benzenica furono quelle di Pauling, applicando la Valence Bond Theory e introducendo l’idea di
Formule limite di Risonanza ; intendendo con ciò dire che la struttura reale
è un intermedio di quelle, cioè un intermedio o ibrido.
Alcuni aspetti, però la VB non era in grado di prevederli correttamente: per esempio per la VB tutti i sistemi ciclici coniugati sono aromatici, mentre
ciò non è affatto vero, come invece correttamente previsto dalla Teoria dell’orbitale molecolare.
Per predire correttamente l’aromaticità di una struttura molecolare a doppi legami coniugati vale la
Regola di Hückel
Un anello aromatico è una struttura ciclica planare nella quale tutti gli atomi sono ibridati sp2e i loro orbitali p costituiscono una
corona di orbitali π impegnati in un sistema di doppi legami coniugati.
Per essere aromatico l’anello deve contenere, negli orbitali π, un numero dispari di coppie di elettroni cioè
4n+2 elettroni (2, 6, 10, 14, 18, ...).
L’nterpretazione definitiva si ebbe quando divenne chiaro che l’ibrido si otteneva per delocalizzazione elettronica estesa a tutto l’anello
dei 6 elettroni 2pz degli atomi di Carbonio ibridizzati sp2 e questo si ebbe con la
Teoria degli Orbitali Molecolari.
In realtà le due teorie (VB e MO) mettono in luce aspetti diversi e possiamo dire che si integrano a vicenda; soprattutto la VB rende più semplce
lo studio dei meccanismi di reazione, mentre la MO è in grado di spiegare cose che la VB non riesce a spiegare.
Al link Benzene e aromaticità un contributo del prof. Mauro Tonellato dell’ITIS Marconi di Padova.
Oppure a questo link si può scaricare il relativo pdf.
La Teoria degli Orbitali Molecolari
Nella Teoria degli Orbitali Molecolari (Molecular Orbitals Theory) si parte dall’ipotesi che
gli Orbitali Molecolari (OM) si formino per combinazione lineare di OA cioè Orbitali Atomici
o, che è lo stesso,
per Sovrapposizione delle regioni ad alta densità elettronica e con Funzione d’onda orbitalica in fase;
se le funzioni d’onda che descrivono gli orbitali atomici non sono in fase (stesso segno + o - ) gli Orbitali Atomici non si sovrappongono e quindi non si formano gli OM (Orbitali Molecolari).
Secondo la Teoria MO la sovrapposizione di OA per formare orbitali molecolari coinvolge TUTTI gli orbitali atomici dei due atomi che si legano, non solo quelli di valenza; in questo modo si genera una sequenza
di OM ad energia crescente dove trovano posto gli elettroni totali dei due atomi, nel rispetto del
Principio di Esclusione di Pauli e del Principio della Massima Molteplicità di Hund.
Quindi
La Prima condizione di compatibilità fra OA è che essi siano energeticamente vicini:
La Seconda e Terza condizione di compatibilità fra OA è che essi siano sovrapponibili estesamente ed abbiano Simmetrie compatibili, cioè le funzioni d’onda delle
regioni di sovrapposizione devono essere
in fase; se sono in fase si considerano sempre positive: in tal caso si formano OM leganti;
oppure regioni di fase positiva del primo orbitale atomico si sovrappongono a regioni di fase negativa del secondo orbitale atomico: in tal caso si formano OM anti-leganti;
se le regioni con sovrapposizione in fase (+ +) si equivalgono a quelle con sovrapposizione con fasi opposte (+ -) allora non
c’è formazione di Orbitali Molecolari, sono combinazioni proibite (vedi figura successiva).
Dal punto di vista matematico l’integrale di
In generale
vengono detti leganti gli orbitali molecolari che hanno densità elettronica non nulla fra i due nuclei ed antileganti gli OM che hanno densità elettronica nulla
fra i due nuclei.
Quando si sovrappongono due orbitali atomici che soddisfino i criteri elencati e discussi precedentemente, si forma un OM legante ed un OM anti-legante.
L’energia degli orbitali molecolari leganti è sempre minore di quella degli orbitali atomici da cui derivano mentre quella degli orbitali
antileganti è sempre maggiore.
L'energia degli orbitali legante ed antilegante che si formano, può essere rappresentata graficamente in funzione della distanza internucleare degli atomi legati,
come appare nella figura qui di seguito
Dove con r0viene indicata la distanza internucleare di legame, a cui
corrisponde la minima energia dell’orbitale molecolare legante indicata con
El e il valore
Ea dell’orbitale molecolare antilegante.
Così per la molecola di idrogeno H2 avremo il seguente schema di orbitali molecolari, con relativi valori di energia
In quest’immagine, nello parte sinistra, osserviamo lo stesso grafico dell’immagine precedente, con indicati i valori delle energie di OM
legante e OM antilegante, mentre a destra vediamo lo schema utilizzato normalmente per illustrare quello che accade.
A sua volta lo schema alla destra nell'immagine precedente va letto in due parti: nella parte sinistra e destra sono rappresentate
le configurazioni elettroniche 1s1(ovviamente uguali) degli atomi di Idrogeno
HA e HB e il relativo orbitale 1s con elettrone spaiato; al centro invece c’è lo schema raffigurante i due
orbitali molecolari legante σ e antilegante σ* che si formano,
con gli unici 2 elettroni totali (uno per atomo H) che vanno a situarsi appaiati nell’orbitale legante σ.
Notare come i livelli energetici dei due OM corrispondano ai valori sulle curve legante e antilegante del grafico a sinistra, e come la curva antilegante
non abbia un minimo; il che significa che se i due elettroni si portassero, assorbendo ognuno un fotone di frequenza opportuna, nello stato eccitato
dell’orbitale antilegante σ*, la molecola H2 diventerebbe instabile e si dissocierebbe nei due atomi singoli H e la
distanza internucleare RAB "scivolerebbe" verso destra lungo l'asse x perchè l’energia potenziale, seguendo la curva rossa,
diminuirebbe asintoticamente, portando i due atomi di Idrogeno a distanza sempre più grande tra loro, fino a dissociazione completa.
Quindi, ribadendo i concetti espressi nel caso dell’Idrogeno, con la
sovrapposizione di due orbitali s (a simmetria cilindrica) si formano due orbitali di tipo σ: uno legante (a più bassa energia), ed uno antilegante (a più alta energia).
Se gli elettroni occupano l’orbitale σ legante e il corrispondente σ* antilegante, la molecola non si forma perchè il guadagno di energia potenziale della coppia
elettronica legante viene annullato dal lavoro necessario per alzare l’energia potenziale dei due elettroni nell’orbitale antilegante.
È il caso della molecola He2; infatti gli elettroni in gioco, relativamente a due atomi di Elio, sono quattro, quindi si ha il seguente schema di OM
Il caso dell’Elio rientra in ciò che si deceva prima: risulta occupato sia il σ legante che il σ antiegante, la moecola è
instabile quindi non si forma
Per valutare la realtà di una molecola, si fa ricorso al concetto di ordine di legame
per calcolare il quale si deve sottrarre al numero di elettroni leganti quello degli elettroni antileganti e dividere il risultato per due
Nel caso della molecola di Elio, il calcolo, come risulta nella figura relativa all’Elio, dà un valore uguale a Zero, che corrisponde a molecola
instabile.
Questo nel caso della molecola di Idrogeno non accade, perchè gli elettroni sono due e vanno ad occupare l’orbitale legante, mentre quello antilegante rimane vuoto, quindi la molecola si forma
da cui risulta un ordine di legame pari a UNO, in accordo con la teoria VB per la quale si forma un legame covalente che conduce
alla molecola H2.
In modo analogo si ha, per la molecola di Li2
Gli elettroni che rendono stabile la molecola Li2, anche se in fase vapore ad oltre 1000 °C, sono quelli che vanno ad occupare il
HighestOccupiedMO (HOMO) che è il σ2s.
Teoria OM per gli elementi del secondo Periodo (caso di molecole biatomiche omonucleari)
Quando si passa a molecole biatomiche fra atomi più pesanti è necessario considerare anche gli orbitali molecolari che si formano per combinazione dei tre orbitali atomici 2p.
Questi ultimi possono interagire in due modi diversi dando orbitali molecolari di tipo σ e di tipo π (mentre sappiamo che gli orbitali s danno solo legami σ).
Per dare un OM σ gli orbitali 2p devono risultare allineati sulla stessa retta; in tal caso daranno un sigma legante o un sigma antilegante a seconda che la sovrapposizione avvenga in concordanza di fase
o in opposizione; nell’ipotesi che si tratti dei 2px si possono avere le seguenti soluzioni
Se invece gli orbitali 2p (nel nostro caso si tratterebbe degli orbitali 2py e 2pz ) hanno gli assi paralleli tra loro perché il legame σ si è già formato,
costringendoli in posizione parallela, gli orbitali 2py e 2pz formano invece due orbitali leganti degeneri (= con la stessa energia) π2p e due antileganti,
anch’essi degeneri, π*2p (si tratta delle coppie π2py/π2pz e
π*2py/π*2pz).
Gli orbitali π hanno densità elettronica nulla lungo l’asse internucleare e l’occupazione di un orbitale π legante corrisponde alla formazione di un legame di tipo π.
In generale risulta che un OM σ è più stabilizzato di un OM π, quindi quelli π derivanti dagli orbitali 2py e 2pz si trovano a più alta energia e
sono più deboli (si parla di 40 Kcal/mole contro i 70 Kcal/mole per gli OM σ) ed è quello che si osserva nelle molecole di O2 e di F2; di conseguenza lo
schema di orbitali molecolari che si ottiene, in funzione della loro energia, sarà
La cosa più importante da osservare per l'Ossigeno è che secondo la Teoria degli Orbitali Molecolari esso ha due elettroni spaiati negli HOMO
(Highest Occupied Molecular Orbitals) π2py e π2pz e questo rende perfettamente conto del paramagnetismo
osservato sperimentalmente per l'Ossigeno.
Quindi dallo schema risulta che la molecola di Ossigeno è paramagnetica e l’ordine di legame è correttamente 2.
Questa previsione di paramagnetismo è un successo della Teoria degli OM rispetto alla VB, dal momento che secondo la Teoria del Legame di Valenza la molecola di Ossigeno non ha elettroni
spaiati.
La sequenza corretta di riempimento degli orbitali molecolari della molecola di Ossigeno e di conseguenza la sua Configurazione elettronica completa è :
Dal grafico delle interazioni che portano alla formazione degli Orbitali Molecolari (MO), partendo dai corrispondenti Orbitali Atomici (AO), si osserva, come
previsto, che l'orbitale σ2px risulta più stabile degli
orbitali degeneri (cioè isoenergetici) π2py, π2pz,
come in generale accade.
L'osservazione da fare è che comunque quanto detto non è sempre vero.
Se si mette a confronto la successione di orbitali molecolari nel caso della molecola di O2 con quella nel caso della molecola di N2, si osserva che
per l'Ossigeno l'Orbitale Molecolare σ2px si trova, come aspettato, a più bassa energia dei degeneri π2py e π2pz,
mentre la situazione risulta invertita nel caso della molecola di Azoto, nella quale l'orbitale molecolare σ2px risulta a più alta energia dei degeneri π2py e π2pz:
Per capire come mai accada ciò, bisogna fare ricorso alla trattazione approssimata di Slater che studia i livelli energetici di un atomo e le energie dei suoi orbitali.
In essa, il profilo nello spazio (la sua forma) e l'energia di ogni singolo orbitale di un atomo a numero atomico Z vengono determinati risolvendo l'equazione di Schrödinger nel caso monoelettronico (atomo idrogenoide), considerando cioè un elettrone alla volta, semplicemente ignorando quelli che occupano orbitali di energia più alta e limitando la presenza degli altri ad una mera funzione di schermo avente come UNICO effetto quello di ridurre la carica nucleare ad un valore
Zeff · e (Z efficace = Z - schermatura) effettivamente sperimentato dall'elettrone considerato.
In questo modo si rinuncia alla risoluzione dell'equazione di Schrödinger per l'atomo polielettronico, praticamente per noi impossibile in modo esatto, con un piccolo, sopportabile sacrificio in termini di precisione/correttezza della soluzione.
Quindi nell'approssimazione di Atomo monoelettronico, volendo determinare profilo ed energia di un orbitale di valenza contenente un elettrone spaiato, si trascurano gli elettroni degli orbitali ad energia più alta, come se non ci fossero, e si riduce l'azione degli altri elettroni dello stesso livello e di quelli interni ad un semplice effetto schermante tanto più intenso quanto più l'elettrone di schermo risulta essere interno, utilizzando una costante di schermo (cs) per ogni elettrone presente da considerare, tenendo a mente che
per elettroni appartenenti allo stesso livello di quello considerato nell'approssimazione monoelettrronica la costante di schermo è cs=0,35;
per gli elettroni presenti nel penultimo livello, la costante è cs = 0,85;
per gli elettroni presenti nei livelli inferiori, la costante di schermo da considerare è cs = 1,00.
In questo modo si può determinare la Carica Nucleare Efficace
Zeff · e
percepita dall'elettrone considerato, sottraendo il contributo di schermaggio di ogni singolo elettrone più interno, ottenendosi così i seguenti valori di Zeff per Ossigeno, Carbonio, Azoto e Fluoro:
(Carica efficace sperimentata da un elettrone 2p del Fluoro, calcolata secondo le regole di calcolo di J. C. Slater)
In questo modo l'equazione di Schrödinger da risolvere per l'atomo idrogenoide di massa nucleare efficace pari a Zeff · e è:
Ora per l'atomo di Idrogeno la formula per calcolare l'energia di un Livello Energetico similmente al modello di Bohr, è:
dove in quel 13,6 (eV) che è il limite di ionizzazione per l'atomo di idrogeno, cioè la "profondità" della sua curva di Morse, è implicito un Z2 = 1, dal momento che per l'drogeno Z = 1; per un atomo Idrogenoide di Zeff > 1, l'espressione dell'energia di un n-esimo livello energetico diventa evidentemente:
Con questa formula si possono valutare le energie dei Livelli energetici e degli orbitali dei diversi elementi chimici d'interesse, come nel nostro caso per l'Ossigeno, l'Azoto, il Carbonio e il Fluoro.
Così per l'Ossigeno, dal momento che per Zeff(Ossigeno)(2p) = 4,55
calcolo per uno dei 2 elettroni contenuti nel 2p e quindi identificabile con l'energia di uno degli orbitali 2p, avendosi evidentemente per l'energia:
mentre per l'Azoto il calcolo porta a:
Tra l'energia del sottolivello 2p dell'Ossigeno e del 2p dell'Azoto ci sono circa 17 elettronVolt di differenza che a livello atomico sono tanti; ne consegue che gli orbitali 2p (ed anche 2s) dell'Azoto si trovano sistematicamente ad energie più alte dei corrispondenti sottolivelli di valenza dell'Ossigeno, e perciò nel caso della formazione della molecola N2 dell'Azoto, l'orbitale σ2s si viene a trovare ad alte energie e vicino al σ2px essendo tutti e due internucleari al contrario dei π che si espandono in zone esterne lontani tra loro; a causa di ciò la repulsione tra orbitali molecolari sigma è forte e per questo il σ2px dell'Azoto si viene a trovare a più alta energia rispetto ai degeneri π2py e π2pz.
Come nel caso qui sotto raffigurato dell'atomo di Idrogeno, i Livelli Energetici a più alta energia si infittiscono e quindi la separazione energetica tra di essi è minore, questo accade anche per la formazione degli Orbitali Molecolari σ degli Elementi del 2° Periodo con Z < 8 che si respingono fortemente, portando il σ2pxad energie più elevate dei π
Tutto ciò rende perfettamente ragione delle diverse sequenze di orbitali molecolari che si osservano nel secondo periodo della Tavola Periodica, coinvolgendo Carbonio e Azoto, da una parte, e Ossigeno, Fluoro e Neon dall'altra, per i quali la maggiore stabilità orbitalica dei σ vale per l'Ossigeno (Z=8),
per il Fluoro (Z=9) e per il Neon (Z=10) che chiude il periodo, ma non vale per gli elementi con Numero Atomico Z < 8, come si osserva per la molecola di Azoto nello schema qua sotto e successivamente nelle figure confrontate.
Se si calcola l’ordine di legame per la molecola di Azoto, si trova correttamente il valore 3; si ricordi che
Ordine di Legame(N2) = (n. elettroni leganti - n. elettroni antileganti)/2 = (10 - 4)/2 = 3
che è in accordo con quanto previsto dalla
Teoria VB per la quale nella molecola di Azoto c’è un triplo legame.
Per la molecola di Fluoro si ha invece
e la disposizione del σ2px è la stessa che nel caso dell'Ossigeno, cioè è più stabilizzato degli orbitali π.
Dallo schema risulta che la molecola di Fluoro è diamagnetica e l’ordine di legame è, correttamente, UNO:
Ordine di Legame(F2) = (n. elettroni leganti - n. elettroni antileganti)/2 = (10 - 8)/2 = 1
che è in accordo con quanto previsto dalla Teoria VB per la quale nella molecola di Fluoro c’è un legame covalente semplice.
Quindi la sequenza corretta di riempimento degli orbitali molecolari della molecola di Fluoro e di conseguenza la sua Configurazione elettronica completa è:
Teoria OM per gli elementi del secondo Periodo (caso di molecole biatomiche eteronucleari)
Se gli atomi della molecola biatomica eteronucleare sono molto simili, quindi di elementi vicini nella tavola periodica, essi hanno orbitali 2s-2s e 2p-2p con energie confrontabili e da qui consegue che lo schema degli orbitali è simile a quello delle molecole omonucleari.
Nei casi illustrati, relativi agli Orbitali Molecolari delle molecole biatomiche eteronucleari CO Ossido di Carbonio e NO Ossido di Azoto, si osserva che l'energia del σ2px è maggiore di quella dei pi-greco degeneri π2py e π2pz.
In queste molecole due elementi (C, N) con Zeff bassa, si legano con l'Ossigeno che ha Zeff alta; ed evidentemente le energie più elevate per gli orbitali 2p di Carbonio e Azoto, fanno aggio, spingendo in alto l'energia del σ2px rispetto alla coppia pi-greco degenere, quindi la successione di orbitali risultante nelle due molecole CO ed NO è la stessa che si ha in N2, invece che in O2.
Attenzione! Le sequenze e variazioni di sequenze degli OM nelle molecole biatomiche omonucleari ed eteronucleari descritte sono state confermate da dati di Spettroscopia elettronica delle suddette molecole, dove le frequenze di assorbimento/emissione sono compatibili appunto con salti energetici coerenti con quelle successioni di Orbitali molecolari.
Purtroppo in qualche testo a questo proposito vengono presentate sequenze errate.
Qui di seguito è riportato infine il diagramma degli orbitali molecolari della molecola HF di acido fluoridrico:
Per capire lo schema degli OM di questa molecola, bisogna considerare che l'energia degli orbitali è
E1s(H) = -13 eV; E2p(F) = -23 eV;
E2s(F) = -43 eV; quindi l'orbitale 2s del Fluoro non è in grado di "agganciare" quello 1s dell'Idrogeno per formare legame, essendo troppo distanti energeticamente parlando; e così il suddetto orbitale dell'atomo di Idrogeno forma un legame σ con l'orbitale 2px del Fluoro (ovviamente formando la solita coppia di OM
σ/σ*). Mentre gli orbitali 2py, 2pz e 2s del Fluoro, formano OM nobond (di non legame).