equazione che, una volta scritta in coordinate polari, si può scindere in 3 equazioni ad una sola variabile, nelle 3 coordinate
r, θ e φ, fattorizzando la funzione Ψ:
Ψ(r, θ, φ) = R(r) · Θ(θ)·Φ(φ)
La conversione in coordinate polari è un'operazione lunga e tediosa, a dire il vero, ma, come molte questioni matematiche, è in grado di insegnare davvero a manipolare
e penetrare più in profondità la conoscenza matematica, e, almeno una volta nella vita, assieme ad esempio alla risoluzione completa di una equazione differenziale del secondo ordine, andrebbe affrontata.
Invece nei sacri testi si trova sempre, invariabilmente, che l'autore salti direttamente dall'equazione alla sua soluzione, senza perdere altro tempo (sarebbe invece opportuno che il testo venisse corredato di "noiose" ma
istruttive appendici).
Per poter effettuare la conversione prendiamo le mosse da definizioni e proprietà fondamentali dei differenziali.
Per definizione di
Differenziale totale (in coordinate polari in questo caso) di una funzione di Stato (sono funzioni di stato quelle i cui valori non dipendono dal percorso, ma solo dalle coordinate di posizione considerate) si ha:
dΨ(r, θ, φ) = ∂Ψ
∂rdr +
∂Ψ
∂θdθ
+
∂Ψ
∂φdφ
Per il
Differenziale totale del 2° ordine si può procedere nel modo seguente: esso si può ottenere facendo il differenziale di quello di 1° ordine:
d(dΨ) = d2Ψ =
d(∂Ψ
∂rdr +
∂Ψ
∂θdθ
+
∂Ψ
∂φdφ
=
d(∂Ψ
∂rdr) +
d(∂Ψ
∂θdθ)
+
d(∂Ψ
∂φdφ)
(3.1)
I 3 termini differenziali della (3.1) possono essere considerati come differenziali di prodotti di funzioni, dove i fattori sono:
∂Ψ
∂r, dr,
∂Ψ
∂θ, dθ,
∂Ψ
∂φ, dφ
Pertanto per la
regola di differenziazione di un prodotto si avranno le (3.2):
d(∂Ψ
∂rdr)
=
[d(∂Ψ
∂r)]·dr +
∂Ψ
∂r·d(dr)
|
d(∂Ψ
∂θdθ)
=
[d(∂Ψ
∂θ)]·dθ +
∂Ψ
∂θ·d(dθ)
|
d(∂Ψ
∂φdφ)
=
[d(∂Ψ
∂φ)]·dφ +
∂Ψ
∂φ·d(dφ)
(3.2)
Cioè:
Il Differenziale del prodotto di 2 funzioni è uguale al differenziale della prima funzione per la seconda non differenziata, più
il prodotto della prima funzione non differenziata che moltiplica il differenziale della seconda.
Come visto prima per
Ψ anche qui avremo:
d2r = d(dr) d2θ = d(dθ) d2φ = d(dφ)
Per cui, facendo le opportune sostituzioni il Differenziale del secondo ordine di
Ψ si scrive:
d2Ψ =
[d(∂Ψ
∂r)]·dr +
∂Ψ
∂rd2r
+
[d(∂Ψ
∂θ)]·dθ +
∂Ψ
∂θd2θ
+
[d(∂Ψ
∂φ)]·dφ +
∂Ψ
∂φd2φ (3.3)
Attenzione perchè la notazione
d2r e analoghe in θ e φ, rappresentano
differenziali del secondo ordine mentre la notazione
dr2 e analoghe rappresentano
differenziali del primo ordine elevati al quadrato.
Per vedere come si possono scrivere i differenziali delle derivate parziali che compaiono nella (3.3), cioè questi
d(∂Ψ
∂r),
d(∂Ψ
∂θ),
d(∂Ψ
∂φ)
bisogna chiamare in causa un'altra proprietà dei differenziali e delle derivate, cioè dell'invertibilità dell'ordine di derivazione e differenziazione; con ciò avremo:
d(∂Ψ
∂r) =
∂
∂r(dΨ) =
∂
∂r(
∂Ψ
∂rdr +
∂Ψ
∂θdθ +
∂Ψ
∂φdφ) =
∂2Ψ
∂r2dr +
∂2Ψ
∂r∂θdθ +
∂2Ψ
∂r∂φdφ
d(∂Ψ
∂θ) =
∂
∂θ(dΨ) =
∂
∂θ(
∂Ψ
∂rdr +
∂Ψ
∂θdθ +
∂Ψ
∂φdφ) =
∂2Ψ
∂r∂θdr +
∂2Ψ
∂θ2dθ +
∂2Ψ
∂θ∂φdφ (3.4)
d(∂Ψ
∂φ) =
∂
∂φ(dΨ) =
∂
∂φ(
∂Ψ
∂rdr +
∂Ψ
∂θdθ +
∂Ψ
∂φdφ)
=
∂2Ψ
∂r∂φdr +
∂2Ψ
∂θ∂φdθ +
∂2Ψ
∂φ2dφ
Nelle espressioni risultanti nelle (3.4), occorre osservare che ci sono diversi termini che sono nulli; essi sono:
∂
∂r(dr),
∂
∂θ(dr),
∂
∂φ(dr),
∂
∂r(dθ),
∂
∂θ(dθ),
∂
∂φ(dθ),
∂
∂r(dφ),
∂
∂θ(dφ),
∂
∂φ(dφ)
quelli contenenti la stessa variabile sono nulli perchè la derivata di una variabile rispetto a se stessa è uguale a 1 e il differenziale di 1 è ovviamente zero; mentre quelli contenenti 2 variabili diverse sono termini nulli
perchè le variabili sono tra loro indipendenti.
Le (3.4) vanno a sostituire nella (3.3), ottenendosi la (3.5):
d2Ψ =
(∂2Ψ
∂r2dr +
∂2Ψ
∂r∂θdθ +
∂2Ψ
∂r∂φdφ)·dr +
∂Ψ
∂rd2r +
(∂2Ψ
∂r∂θdr +
∂2Ψ
∂θ2dθ +
∂2Ψ
∂θ∂φdφ)·dθ +
∂Ψ
∂θd2θ +
+ (∂2Ψ
∂r∂φdr +
∂2Ψ
∂θ∂φdθ +
∂2Ψ
∂φ2dφ)·dφ +
∂Ψ
∂φd2φ
(3.5)
Togliendo le parentesi e moltiplicando:
d2Ψ =
∂2Ψ
∂r2dr2 +
∂2Ψ
∂r∂θdrdθ +
∂2Ψ
∂r∂φdrdφ +
∂Ψ
∂rd2r +
∂2Ψ
∂r∂θdrdθ +
∂2Ψ
∂θ2dθ2 +
∂2Ψ
∂θ∂φdθdφ +
∂Ψ
∂θd2θ +
∂2Ψ
∂r∂φdrdφ +
∂2Ψ
∂θ∂φdθdφ +
∂2Ψ
∂φ2dφ2 +
∂Ψ
∂φd2φ
(3.6)
nella (3.6) ci sono tre coppie di termini uguali, quelli contenenti
derivate parziali seconde miste; sommandoli si ha:
d2Ψ =
∂2Ψ
∂r2dr2 +
2∂2Ψ
∂r∂θdrdθ +
∂Ψ
∂rd2r +
∂2Ψ
∂θ2dθ2 +
2∂2Ψ
∂θ∂φdθdφ +
∂Ψ
∂θd2θ +
∂2Ψ
∂φ2dφ2 +
∂2Ψ
∂r∂φdrdφ +
∂Ψ
∂φd2φ
(3.7)
A questo punto la (3.7) fornisce il
differenziale del secondo ordine di Ψ in coordinate polari.
Tornando al Laplaciano di Ψ in coordinate cartesiane:
giova osservare che si tratta della somma delle tre derivate seconde rispetto ad x, y, z.
Se allora con la (3.7) si ha il
differenziale del secondo ordine di Ψ in coordinate polari, basterà fare la
derivata parziale seconda rispetto a x, y e z per ottenere le formule di conversione dei tre termini
del Laplaciano da coordinate cartesiane a coordinate polari per poi arrivare all'espressione del Laplaciano in coordinate polari.
Quindi prendendo il differenziale del secondo ordine di Ψ in coordinate sferiche (la (3.7)) e facendone prima la derivata parziale seconda rispetto ad x, poi la derivata parziale seconda rispetto a y ed infine rispetto a z:
∂2Ψ
∂x2 =
∂2Ψ
∂r2
(∂r
∂x)2
+
2∂2Ψ
∂r∂θ
∂r
∂x ·
∂θ
∂x
+
∂Ψ
∂r
∂2r
∂x2
+
∂2Ψ
∂θ2
(∂θ
∂x)2
+
2∂2Ψ
∂θ∂φ
∂θ
∂x
∂φ
∂x
+
∂Ψ
∂θ
∂2θ
∂x2
+
∂2Ψ
∂φ2
(∂φ
∂x)2
+
2 ∂2Ψ
∂r∂φ
∂r
∂x
∂φ
∂x
+
∂Ψ
∂φ
∂2φ
∂x2
∂2Ψ
∂y2
=
∂2Ψ
∂r2
(∂r
∂y)2
+
2∂2Ψ
∂r∂θ
∂r
∂y ·
∂θ
∂y
+
∂Ψ
∂r
∂2r
∂y2
+
∂2Ψ
∂θ2
(∂θ
∂y)2
+
2∂2Ψ
∂θ∂φ
∂θ
∂y
∂φ
∂y
+
∂Ψ
∂θ
∂2θ
∂y2
+
∂2Ψ
∂φ2
(∂φ
∂y)2
+
(3.8)
2 ∂2Ψ
∂r∂φ
∂r
∂y
∂φ
∂y
+
∂Ψ
∂φ
∂2φ
∂y2
∂2Ψ
∂z2
=
∂2Ψ
∂r2
(∂r
∂z)2
+
2∂2Ψ
∂r∂θ
∂r
∂z ·
∂θ
∂z
+
∂Ψ
∂r
∂2r
∂z2
+
∂2Ψ
∂θ2
(∂θ
∂z)2
+
2∂2Ψ
∂θ∂φ
∂θ
∂z
∂φ
∂z
+
∂Ψ
∂θ
∂2θ
∂z2
+
∂2Ψ
∂φ2
(∂φ
∂z)2
+
2 ∂2Ψ
∂r∂φ
∂r
∂z
∂φ
∂z
+
∂Ψ
∂φ
∂2φ
∂z2
La somma dei primi membri della (3.8) è il Laplaciano (o ∇2) di Ψ in coordinate cartesiane; quindi la somma dei secondi membri è il Laplaciano di Ψ in coordinate polari.
In totale i secondi membri sono costituiti da 27 termini; ci sono però dei termini che possono essere raccolti a fattor comune, rendendo meno caotica l'espressione; sono i termini che contengono la derivata seconda di Ψ
rispetto alla coordinata r (sono 3 termini):
∂2Ψ
∂r2
(∂r
∂x)2
+
∂2Ψ
∂r2
(∂r
∂y)2
+
∂2Ψ
∂r2
(∂r
∂z)2
=
∂2Ψ
∂r2
[(∂r
∂x)2
+
(∂r
∂y)2
+
(∂r
∂z)2
]
(a)
poi i tre termini che contengono la derivata seconda di Ψ rispetto alla coordinata θ:
∂2Ψ
∂θ2
(∂θ
∂x)2
+
∂2Ψ
∂θ2
(∂θ
∂y)2
+
∂2Ψ
∂θ2
(∂θ
∂z)2
=
∂2Ψ
∂θ2
[(∂θ
∂x)2
+
(∂θ
∂y)2
+
(∂θ
∂z)2
]
(b)
ed infine i tre termini che contengono la derivata seconda di Ψ rispetto a φ:
∂2Ψ
∂φ2
(∂φ
∂x)2
+
∂2Ψ
∂φ2
(∂φ
∂y)2
+
∂2Ψ
∂φ2
(∂φ
∂z)2
=
∂2Ψ
∂φ2
[(∂φ
∂x)2
+
(∂φ
∂y)2
+
(∂φ
∂z)2
]
(c)
Ci sono poi tre termini contenenti a fattore la derivata prima di Ψ e la derivata seconda di r rispetto a x, y e z:
∂Ψ
∂r
∂2r
∂x2
+
∂Ψ
∂r
∂2r
∂y2
+
∂Ψ
∂r
∂2r
∂z2
=
∂Ψ
∂r(
∂2r
∂x2
+
∂2r
∂y2
+
∂2r
∂z2 )
(a')
ci sono poi tre termini che oltre alla derivata prima di Ψ rispetto a θ contengono la derivata seconda di θ rispetto a x, y e z:
∂Ψ
∂θ
∂2θ
∂x2
+
∂Ψ
∂θ
∂2θ
∂y2
+
∂Ψ
∂θ
∂2θ
∂z2
=
∂Ψ
∂θ(
∂2θ
∂x2
+
∂2θ
∂y2
+
∂2θ
∂z2 )
(b')
infine tre termini che oltre alla derivata prima di Ψ rispetto a φ contengono la derivata seconda di φ rispetto a x, y e z:
∂Ψ
∂φ
∂2φ
∂x2
+
∂Ψ
∂φ
∂2θ
∂y2
+
∂Ψ
∂φ
∂2φ
∂z2
=
∂Ψ
∂φ(
∂2φ
∂x2
+
∂2φ
∂y2
+
∂2φ
∂z2 )
(c')
Per finire ci sono i termini contenenti le derivate seconde miste, raccolti a tre a tre:
2∂2Ψ
∂r∂θ
∂r
∂x ·
∂θ
∂x
+
2∂2Ψ
∂r∂θ
∂r
∂y ·
∂θ
∂y
+
2∂2Ψ
∂r∂θ
∂r
∂z ·
∂θ
∂z
=
2∂2Ψ
∂r∂θ
(∂r
∂x ·
∂θ
∂x
+
∂r
∂y ·
∂θ
∂y
+
∂r
∂z ·
∂θ
∂z )
(a")
2∂2Ψ
∂θ∂φ
∂θ
∂x ·
∂φ
∂x
+
2∂2Ψ
∂θ∂φ
∂θ
∂y ·
∂φ
∂y
+
2∂2Ψ
∂θ∂φ
∂θ
∂z ·
∂φ
∂z
=
2∂2Ψ
∂θ∂φ
(∂θ
∂x ·
∂φ
∂x
+
∂θ
∂y ·
∂φ
∂y
+
∂θ
∂z ·
∂φ
∂z )
(b")
2∂2Ψ
∂r∂φ
∂r
∂x ·
∂φ
∂x
+
2∂2Ψ
∂r∂φ
∂r
∂y ·
∂φ
∂y
+
2∂2Ψ
∂r∂φ
∂r
∂z ·
∂φ
∂z
=
2∂2Ψ
∂r∂φ
(∂r
∂x ·
∂φ
∂x
+
∂r
∂y ·
∂φ
∂y
+
∂r
∂z ·
∂φ
∂z )
(c")
In totale NOVE secondi membri delle a, b, c, a', b', c', a'', b'', c'', che sommati danno il Laplaciano in coordinate polari:
A questo punto occorre determinare tutte le derivate parziali prime e seconde delle coordinate polari r, θ e φ rispetto alle coordinate cartesiane x, y, z; e per fare questo bisogna esprimere x, y e z in funzione di r, θ e φ.
Per poterle calcolare, è necessario ricavare le formule delle coordinate x, y, z in funzione delle polari r, θ e φ, deducendole dal grafico:
|
|
Evidentemente risulta z = r · cosθ
dal momento che la coordinata z del punto P (x, y, z) è la proiezione ortogonale di r sull'asse z, determinata dall'angolo θ.
Per determinare le coordinate x, y del punto P(x, y, z) consideriamo la proiezione OP' di r sul piano xy; essa evidentemente è data da
OP' = r · senθ
d'altra parte è facile rendersi conto che
x = OP' · cosφ
y = OP' · senφ
e quindi risulta
x = r · senθ · cosφ
y = r · senθ · senφ
Procediamo con la determinazione delle coordinate polari in funzione di quelle cartesiane; risulta:
|
x2 = r2 · sen2θ · cos2φ
y2 = r2 · sen2θ · sen2φ
z2 = r2 · cos2θ
|
|
Sommando membro a membro:
|
x2 + y2 + z2 = r2 · sen2θ · cos2φ +
r2 · sen2θ · sen2φ + r2 · cos2θ
|
mettendo in evidenza a secondo membro tra il primo e secondo termine:
x2 + y2 + z2 = r2 · sen2θ · (cos2φ +
sen2φ) + r2 · cos2θ
tra parentesi abbiamo l'identità fondamentale della goniometria
(cos2φ + sen2φ) = 1 e quindi
x2 + y2 + z2 = r2 · sen2θ · + r2 · cos2θ
cioè
x2 + y2 + z2 = r2 · (sen2θ · + cos2θ) = r2;
in definitiva come noto:
r = (x2 + y2 + z2)½.
| Da z = r · cosθ si ricava | | | |
|  | cioè |
 |
Infine, dividendo
y = r · senθ · senφ per
x = r · senθ · cosφ, si ottiene
y/x = senφ/cosφ cioè
y/x = tgφ e inversamente
φ = arctg(y/x) .
Ricapitolando, dunque, le formule per calcolare le coordinate sferiche in funzione di quelle cartesiane sono:
A questo punto si possono cominciare a calcolare le varie derivate parziali delle variabili
r, θ e φ rispetto alle coordinate cartesiane
x, y, z.
Dal secondo membro della
(a) si vede che occorre calcolare le derivate parziali prime
∂r/∂x, ∂r/∂y, ∂r/∂z.
Così fare la derivata parziale prima di
r rispetto a
x, cioè
∂[(x2 + y2 + z2)1/2]∂x significa fare
la derivata rispetto a
x di una potenza di esponente
α e base
f(x, y, z), cioè
∂[f(x, y, z)α]/∂x che si risolve con la regola che recita:
La derivata rispetto ad x di una potenza che ha per base una funzione f(x, y, z) e per esponente un numero intero α è uguale al prodotto di α per la funzione f(x, y, z) elevata ad (α - 1), tutto moltiplicato per la derivata rispetto ad x della funzione base f(x, y, z):
∂[f(x, y, z)α]∂x = α ·
f(x, y, z)α-1·
∂f(x, y, z)
∂x
E allora abbiamo
∂r
∂x
=
∂[(x2 + y2 + z2)½]
∂x =
12
·
(x2 + y2 + z2)-½·
∂(x2 + y2 + z2)
∂x
= 12
·
(x2 + y2 + z2)-½ · 2x
= x
√x2 + y2 + z2
In modo analogo si ha
∂r
∂y
=
∂[(x2 + y2 + z2)½]
∂y =
12
·
(x2 + y2 + z2)-½·
∂(x2 + y2 + z2)
∂y
= 12
·
(x2 + y2 + z2)-½ · 2y
= y
√x2 + y2 + z2
e per la variabile z
∂r
∂z
=
∂[(x2 + y2 + z2)½]
∂z =
12
·
(x2 + y2 + z2)-½·
(∂(x2 + y2 + z2)
∂z)
= 12
·
(x2 + y2 + z2)-½ · 2z
= z
√x2 + y2 + z2
Dal secondo membro della (a) si vede che il coefficiente della
∂2Ψ
∂r2
è dato dalla somma dei quadrati della derivate prime che sono state calcolate adesso, e quindi si ha
(∂r
∂x)2 +
(∂r
∂y)2 +
(∂r
∂z)2
=
[x
√x2 + y2 + z2]2
+ [y
√x2 + y2 + z2]2
+ [z
√x2 + y2 + z2]2
=
x2
(x2 + y2 + z2)
+ y2
(x2 + y2 + z2)
+ z2
x2 + y2 + z2 = 1
Dal secondo membro della (b) si vede che il coefficente della
∂2Ψ
∂θ2 è dato da
(∂θ
∂x)2 +
(∂θ
∂y)2 +
(∂θ
∂z)2
La coordinata
θ si calcola invece con la formula
θ = arccos(
z
(x2 + y2 + z2)½)
e quindi
∂θ
∂z
=
∂
∂x
[arccos(
z
r
)]
D'altra parte si sa che se l'argomento della funzione
arccos() è
x allora risulta
d
dx
arccos(x) = -(1 - x2)-½
mentre se l'argomento è una f(x, y, z) si ha
∂
∂x
arccos[f(x, y, z)] = -[1 - f(x, y, z)2)]-½ ·
∂f(x, y, z)
∂x
dove
f(x, y, z) =
z
r
che si può scrivere come
f(x, y, z) = z · r-1 e tenendo presente che la coordinata
z è una costante nella derivazione rispetto a
x
si ottiene
∂
∂x
(z ·r-1) =
z ·
d
dr(r-1)·
∂r
∂x
=
z · (-1)·r-2·(1/2)·r-1·2x =
-x·z
r3
e quindi
∂θ
∂x
=
∂
∂x
arccos(
z
r
) = [1 - (
z
r
)2]-½ ·
x·z
r3
=
x·z
r2·
√x2 + y2
A questo punto si procede calcolando
∂θ
∂y
=
∂
∂y
[arccos(
z
r
)]
=
-[1 - (
z
r
)2]-½ ·
∂
∂y
(z ·r-1) =
-[1 - (
z
r
)2]-½ ·
z · (-1)·r-2·
1
2
·r-1·2y] =
yz
r2·√x2 + y2
Infine, procedendo analogamente, si trova:
∂θ
∂z
=
-√x2 + y2
r2
Non rimane altro da fare che la somma dei quadrati delle derivate calcolate:
(∂θ
∂x)2
+
(∂θ
∂y)2
+
(∂θ
∂z)2
=
x2·z2
r4(x2 + y2) +
x2z2
r4·(x2 + y2)
+
x2 + y2
r4
=
1
r2
che è il coefficiente della
∂2Ψ
∂θ2
nella
(b); rimanendo da calcolare il coefficiente della
∂2Ψ
∂φ2
nella
(c) che è dato da
(∂φ
∂x)2
+
(∂φ
∂y)2
+
(∂φ
∂z)2, somma dei quadrati delle tre derivate
parziali di
φ rispetto a
x, y, z.
Si è visto che
φ = arctg(
y
x)
ragion per cui
∂φ
∂z = 0 dal momento che
φ non è funzione
di
z; occorre dunque calcolare solo le derivate rispetto a
x e
y:
∂φ
∂x
=
∂
∂x
[arctg(
y
x
)]
=
[1 + (
y
x
)2]-1 ·
∂
∂x
(
y
x
) =
[1 + (
y
x
)2]-1 · (-1) ·y·
1
x2
= -
y
x2 + y2
ed anche
∂φ
∂y
=
∂
∂y
[arctg(
y
x
)]
=
[1 + (
y
x
)2]-1 ·
∂
∂y
(
y
x
) =
[1 + (
y
x
)2]-1 ·
1
x
=
x
x2 + y2
e quindi si può procedere al calcolo, sapendo che
x = r·senθ·cosφ
e
y = r·senθ·senφ
:
(∂φ
∂x)2
+ (∂φ
∂y)2
=
(
-
y
x2 + y2)2
+
(x
x2 + y2)2
=
1
x2 + y2
=
1
r2·sen2θ·cos2φ
+ r2·sen2θ·cos2φ
=
1
r2·sen2θ
La conversione in coordinate polari va avanti calcolando i coefficienti delle derivate prime della funzione d'onda
Ψ in (a'), (b') e (c'), cominciando dalla (a'), cioè da
∂2r
∂x2
+
∂2r
∂y2
+
∂2r
∂z2
e per fare ciò basterà derivare le derivate prime già calcolate:
∂2r
∂x2
=
∂
∂x
(∂r
∂x)
=
∂
∂x(
x
√x2 + y2 + z2)
=
1
√x2 + y2 + z2
+ x ·(-
1
2)
·
1
√(x2 + y2 + z2)3
·2x =
1
r -
x2
r3
=
y2 + z2
r3
In modo simile per la coordinata y:
∂2r
∂y2
=
∂
∂y
(∂r
∂y)
=
∂
∂y(
y
√x2 + y2 + z2)
=
1
√x2 + y2 + z2
+ y ·(-
1
2)
·
1
√(x2 + y2 + z2)3
·2y
=
1
r -
y2
r3
=
x2 + z2
r3
e infine per la coordinata z:
∂2r
∂z2
=
∂
∂z
(∂r
∂z)
=
∂
∂z(
z
√x2 + y2 + z2)
=
1
√x2 + y2 + z2
+ z ·(-
1
2)
·
1
√(x2 + y2 + z2)3
·2z
=
1
r -
z2
r3
=
x2 + y2
r3
A questo punto si può calcolare il coefficiente cercato:
∂2r
∂x2
+
∂2r
∂y2
+
∂2r
∂z2
=
y2 + z2
r3
+
x2 + z2
r3
+
x2 + y2
r3
=
2
r
Fatto questo, si passa al calcolo del coefficiente di
∂Ψ
∂θ
, cioè
∂2θ
∂x2
+
∂2θ
∂y2
+
∂2θ
∂z2
e per fare ciò basterà derivare le derivate prime già calcolate:
∂2θ
∂x2
=
∂
∂x(
∂θ
∂x)
=
∂
∂x(
x·z
r2·
√x2 + y2
)
=
z
r2·
√x2 + y2
-
x2·z
r3
√x2 + y2
+
x·z·(-1/2)·2x
r2
(√x2 + y2)3
=
z
r2·
√x2 + y2
-
2x2·z
r4
√x2 + y2
-
x2·z
r2
(√x2 + y2)3
poi, per la coordinata
y:
∂2θ
∂y2
=
∂
∂y(
∂θ
∂y)
=
∂
∂y(
yz
r2
·√x2 + y2
)
=
∂
∂y[
yz·r-2·(√x2 + y2
)-1]
=
z
r2√x2 + y2
-
2y2z
r4
√x2 + y2
-
y2z
r2
√(x2 + y2)3
si badi che, per fare la derivata, l'espressione da derivare è stata trattata come un prodotto di 3 fattori, ottenendosi tre termini in ognuno dei quali c'e` un fattore derivato e due no.
Per finire si fa la derivata seconda di
θ rispetto alla coordinata
z:
∂2θ
∂z2
=
∂
∂z
(
∂θ
∂z
)
=
∂
∂z
(
-√x2 + y2
r2
)
=
-√x2 + y2
·(-2)·r-4·(1/2)·2z =
2z·√x2 + y2
r4
=
2z·(x2 + y2)
r4·√x2 + y2
In questo modo si può determinare la somma delle derivate seconde di
θ,
con dei semplici passaggi di algebra elementare delle frazioni algebriche (i termini raccolti insieme hanno stesso colore, ed è facile vedere che quelli in blu si annullano
per sottrazione):
∂2θ
∂x2
+
∂2θ
∂y2
+
∂2θ
∂z2
=
=
z
r2·
√x2 + y2
-
2x2·z
r4
√x2 + y2
-
x2·z
r2
(√x2 + y2)3
+
z
r2√x2 + y2
-
2y2z
r4
√x2 + y2
-
y2z
r2
√(x2 + y2)3
+
2z·(x2 + y2)
r4·√x2 + y2
=
2z
r2√x2 + y2
+ (
2z·(x2 + y2)
r4·√x2 + y2
-
2y2z
r4
√x2 + y2
-
2x2z
r4
√x2 + y2
)
- (
x2z
r2
√(x2 + y2)3
+ y2z
r2
√(x2 + y2)3
)
=
2z
r2√x2 + y2
+
2x2z + 2y2z -2y2z - 2x2z
r4·√x2 + y2
-
x2z + y2z
r2
√(x2 + y2)3
=
2z
r2√x2 + y2
-
z(x2 + y2)
r2
√(x2 + y2)3
=
2z
r2√x2 + y2
-
z
r2
√x2 + y2
=
z
r2√x2 + y2
Non resta che sostituire a x, y, z le loro espressioni in coordinate sferiche viste prima; al che si ottiene:
z
r
·
1
r√x2 + y2
= cosθ ·
1
r√r2sen2θ cos2φ + r2sen2θ sen2φ
=
cosθ
r√r2sen2θ ( cos2φ + sen2φ)
=
cosθ
r√r2sen2θ
=
cosθ
r2senθ
=
cotgθ
r2
Fatto questo, resta il coefficiente della derivata prima di
φ, cioè
∂2φ
∂x2
+
∂2φ
∂y2
+
∂2φ
∂z2
dove però già si sa che la derivata di
φ rispetto a
z è nulla perchè
φ non dipende da
z, ma solo da
x, y; dunque si ha:
∂2φ
∂x2
+
∂2φ
∂y2
=
∂
∂x
(-
y
x2 + y2
)
+
∂
∂y
(
x
x2 + y2
)
=
2xy
(x2 + y2)2
-
2xy
(x2 + y2)2
= 0
e di tutte le derivate parziali seconde miste; ma a questo punto, capito il meccanismo, è facile vedere che tutti questi coefficienti sono nulli e quindi si può procedere con il Laplaciano in coordinate sferiche secondo la
(p):
∂2Ψ
∂r2
+
1
r2
·
∂2Ψ
∂θ2
+
1
r2·sen2θ
·
∂2Ψ
∂φ2
+
2
r
·
∂Ψ
∂r
+
cotgθ
r2
·
∂Ψ
∂θ
e l'equazione di Schrödinger diventa:
∂2Ψ
∂r2
+
1
r2
·
∂2Ψ
∂θ2
+
1
r2·sen2θ
·
∂2Ψ
∂φ2
+
2
r
·
∂Ψ
∂r
+
cotgθ
r2
·
∂Ψ
∂θ
+
8π2m
h2
·
(E +
e2
r
)Ψ = 0 (3.e)
4.
Fattorizzazione della funzione Ψ(r, θ, φ) e ottenimento di tre equazioni ad una variabile dall'equazione di Schroedinger
Non sono noti procedimenti matematici per risolvere l'equazione
(3.e) così com'è scritta con la funzione d'onda
Ψ(r, θ, φ); l'unica è fattorizzare la funzione d'onda,
dipendente da tre variabili, immaginando che essa sia esprimibile come prodotto di tre fattori funzioni di una sola variabile; cioè:
Ψ(r, θ, φ) = R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)
Questo significa separare e studiare separatamente la dipendenza radiale da quelle angolari in θ e φ, cosa che si rivela unica strada praticabile a tutt'oggi; sostituendo
allora nell'equazione (3.e) la funzione fattorizzata, si ha:
∂2
∂r2
[R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)]
+
1
r2
·
∂2
∂θ2
[R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)]
+
1
r2·sen2θ
·
∂2
∂φ2
[R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)]
+
2
r
·
∂
∂r
[R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)]
+
+
cotgθ
r2
·
∂
∂θ
[R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)]
+
8π2m
h2
·
(E +
e2
r
)
[R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)]
=
0
È facile rendersi conto che da tutti gli operatori di derivata possono essere "estratti" i fattori che non dipendono dalla variabile di derivazione, essendo rispetto a quest'ultima costanti; per ciò si ottiene:
Θ(θ)·Φ(φ)·
d2
dr2
R(r)
+
1
r2
·R(r)·Φ(φ)·
d2
dθ2
Θ(θ)
+
1
r2·sen2θ
·
R(r)·Θ(θ)·
d2
dφ2
Φ(φ)
+
Θ(θ)·Φ(φ)·
2
r
·
d
dr
R(r)
+
+
cotgθ
r2
·
R(r)·Φ(φ)·
d
dθ
Θ(θ)
+
8π2m
h2
·
(E +
e2
r
)
[R(r)·Θ(θ)·Φ(φ)]
=
0
Se a questo punto si moltiplica il primo membro per
r2·sen2θ
R(r)·Θ(θ)·Φ(φ) si ottiene:
r2·sen2θ
R(r) · d2
dr2R(r) + sen2θ
Θ(θ) · d2
dθ2Θ(θ) + 1
Φ(φ) · d2
dφ2
Φ(φ) + 2·r·sen2θ
R(r) · d
drR(r) + senθ · cosθ
Θ(θ) · d
dθ
Θ(θ) +8π2m
r2·sen2θ
h2 · (E +
e2
r) = 0
Si porti poi il termine contenente la derivata seconda di
Φ a secondo membro:
r2·sen2θ
R(r) · d2
dr2R(r) + sen2θ
Θ(θ)·d2
dθ2Θ(θ) + 2·r·sen2θ
R(r) · d
drR(r) + senθ·cosθ
Θ(θ)·d
dθΘ(θ) + 8π2m
r2·sen2θ
h2 · (E +
e2
r) =
- 1
Φ(φ)
·
d2
dφ2
Φ(φ)
(2.f)
5.
L'equazione in Φ(φ) e la sua risoluzione con determinazione della funzione Φ(φ)
La situazione è che al primo membro di (2.f) ci sono funzioni della coordinata
r e della coordinata
θ, mentre a secondo membro la funzione è della coordinata
φ; due membri funzioni di coordinate diverse
possono essere uguali solo se uguali ad una costante; indicando con
λ la costante, si può scrivere:
- 1
Φ(φ)
·
d2
dφ2
Φ(φ) = λ
e quindi:
d2
dφ2
Φ(φ) + λ·Φ(φ) = 0
Questa è un'equazione differenziale ordinaria del secondo ordine a coefficienti costanti la cui soluzione
si ottiene risolvendo la corrispondente equazione omogenea associata
α2 + λ = 0
con soluzioni puramente immaginarie date da
α1,2 = ±i·√λ dove i è l'unità immaginaria; ottenendosi:
Φ(φ) = cost · e±i√λ·φ
o anche
Φ(φ) = cost · (sen√λ · φ ± i · cos√λ · φ)
Questa è una equazione che da' un set completo di autofunzioni
{Φ(φ)}
ortogonali tra loro e nornalizzabili, e autovalori
{
±√λ}
dove è necessario che
±√λ abbia valori interi, altrimenti l'autofunzione corrispondente non sarebbe ad un sol valore (deve essere infatti periodica con periodo 2π); supponiamo per assurdo che
√λ = ½
in tal caso risulterebbe:
Φ(φ0) = Φ(φ0 + 2π)
sen(½ · φ0) + i · cos(½ · φ0) =
sen(½ · φ0 + 2π) + i · cos(½ · φ0 + 2π)
sviluppando i seni e i coseni nelle 2 espressioni, si arriva all'assurdo:
sen(½ · φ0) + i · cos(½ · φ0) =
- [sen(½ · φ0) + i · cos(½ · φ0)]
proprio per aver supposto che
√λ possa essere anche frazionario e non solo intero.
In realtà al posto di
√λ, per il senso fisico che ha
√
λ
(determina l'orientamento nello spazio di un set di orbitali appartenenti allo stesso sottolivello energetico e quindi determina la molteplicità di orbitali degeneri; orientamento che viene messo in evidenza dall'applicazione di un campo magnetico)
la radice quadrata di lambda viene indicata con la lettera m (iniziale della parola "magnetico") e quindi risulta:
Φ(φ) = cost · ei·m·φ
o anche
Φ(φ) = cost · [sen(m·φ) + i · cos(m·φ)]
dove risulta che:
m ∈ {0, ±1, ±2, ±3, ..., ±N}
Per determinare il valore della costante, basta normalizzare la funzione, cioè porre l'integrale della densità di probabilità uguale a 1:
dove
|Φ(φ)|2
rappresenta il quadrato del modulo
(|Φ(φ)|) di
Φ(φ), dove per definizione di modulo di una funzione complessa si ha:
|Φ(φ)| = √cost2·sen2(mφ) + cost2·cos2(mφ)
cioè "la radice quadrata del quadrato della parte reale + il quadrato del coefficiente della parte immaginaria", vale a dire
|Φ(φ)| = cost·√sen2(mφ) + cos2(mφ)
dove dalla trigonometria si sa che
sen2(mφ) + cos2(mφ) = 1 e quindi
|Φ(φ)|2 = cost2
da cui, risolvendo l'integrale, si ottiene
2π·cost2 = 1
cioè
cost =
1
√2π
ottenendosi:
Φ(φ) =
1
√2π
· ei·m·φ
che è la funzione normalizzata.
6.
Separazione della parte radiale R(r) della funzione d'onda dalla parte Θ(θ) dipendente solo da θ e ottenimento delle relative equazioni
Torniamo adesso al primo membro della
(2.f) che sappiamo essere uguale a
m2:
r2·sen2θ
R(r)
·
d2
dr2R(r)
+
sen2θ
Θ(θ)
·
d2
dθ2Θ(θ)
+
2·r·sen2θ
R(r)
·
d
dr
R(r)
+
senθ·cosθ
Θ(θ)
·
d
dθ
Θ(θ)
+
8π2m
r2·sen2θ
h2
·
(E +
e2
r
)
=
m2
e, per separare le variabili, dividiamo per
sen2θ:
1
sen2θ ·[
r2·sen2θ
R(r)
·
d2
dr2R(r)
+
sen2θ
Θ(θ)
·
d2
dθ2Θ(θ)
+
2·r·sen2θ
R(r)
·
d
dr
R(r)
+
senθ·cosθ
Θ(θ)
·
d
dθ
Θ(θ)
+
8π2m
r2·sen2θ
h2
·
(E +
e2
r
)]
=
m2
sen2θ
Togliendo la parentesi quadra, moltiplicando e semplificando, si ottengono dei termini che sono solo funzione della coordinata radiale
r e termini solo funzione della coordinata angolare
θ:
r2
R(r)
·
d2
dr2R(r)
+
1
Θ(θ)
·
d2
dθ2Θ(θ)
+
2·r
R(r)
·
d
dr
R(r)
+
cotgθ
Θ(θ)
·
d
dθ
Θ(θ)
+
8π2m
r2·
h2
·
(E +
e2
r
) =
m2
sen2θ
La separazione di variabili si perfeziona portando i termini in
θ a secondo membro:
r2
R(r)
·
d2
dr2R(r)
+
2·r
R(r)
·
d
dr
R(r)
+
8π2m
r2·
h2
·
(E +
e2
r
) =
m2
sen2θ
-
1
Θ(θ)
·
d2
dθ2Θ(θ)
-
cotgθ
Θ(θ)
·
d
dθ
Θ(θ)
Anche qui essendo i due membri funzione di variabili diverse (il primo membro è funzione della sola
r mentre il secondo
è funzione della sola
θ), devono essere uguali ad una costante, che per comodità scriviamo nella forma
l(l+1)
Dall'ultima equazione scritta, si ricava l'equazione nella sola variabile radiale:
r2
R(r)
·
d2
dr2R(r)
+
2·r
R(r)
·
d
dr
R(r)
+
8π2m
r2·
h2
·
(E +
e2
r
) =
l(l+1)
dalla quale, portando a primo membro
l(l+1) e moltiplicando per
R(r)
r2,
si ottiene:
d2
dr2R(r)
+
2
r
·
d
dr
R(r)
+
8π2m
h2 ·R(r)
·
(E +
e2
r
)
-
l(l+1) ·
R(r)
r2
= 0 (6.g)
dove la funzione cercata
R(r) deve essere definita e continua in tutto il campo
R+ definito per
r > 0 .
In maniera analoga si può ricavare l'equazione della funzione
Θ(θ) dipendente solo dalla variabile
θ
m2
sen2θ
-
1
Θ(θ)
·
d2
dθ2Θ(θ)
-
cotgθ
Θ(θ)
·
d
dθ
Θ(θ)
=
l(l+1) (6.g')
7.
Risoluzione delle equazioni asintotiche della funzione d'onda radiale: determinazione della soluzione asintotica di R(r) per r → +∞
Per avere un'idea della struttura della funzione
R(r), andiamo a studiare la struttura asintotica dell'equazione e le sue soluzioni asintotiche, per
r → 0
e per
r → ∞ .
Con riferimento all'equazione
(6.g), vediamo come diventa se si fa
lim
r → ∞
(6.g).
Evidentemente nella (6.g) si annullano il secondo termine
2
r
·
d
dr
R(r) → 0
, poi
e2
r → 0 e infine l'ultimo termine del primo membro
l(l+1) ·
R(r)
r2 → 0, diventando tutti infinitesimi del primo o secondo ordine.
E quindi l'equazione diventa:
d2
dr2R∞(r)
+
8π2m
h2 ·R∞(r)
·
E
= 0 (7.1)
dove r deve essere molto grande (r → ∞, e si parla di soluzioni asintotiche
R∞)
Facciamo delle semplificazioni operando opportuni cambiamenti di variabile, introducendo il
Raggio di Bohr della prima orbita dell'atomo di Idrogeno:
a0 = h2
4π2me2
e ponendo
r = a0 · ξ =
h2
4π2me2
· ξ
si ha:
dr2 = (dr)2 =
[d(h2
4π2me2
· ξ)]2
=
h4
16π4m2e4
· dξ2
con l'equazione che diventa
16π4m2e4
h4
·
d2
dξ2R∞(ξ)
+
8π2m
h2 ·R∞(ξ)
·
E
= 0 (7.2)
moltiplicando l'equazione in (7.2) per
h4
16π4m2e4
si ottiene:
d2
dξ2R∞(ξ)
+
h4
16π4m2e4
·
8π2m
h2 · R∞(ξ)
·
E
= 0
e semplificando:
d2
dξ2R∞(ξ)
+
h2
2π2me4
·
R∞(ξ)
·
E
= 0
a questo punto giova notare che il fattore che moltiplica l'autovalore E dell'energia, a parte R(ξ), altro non è che l'inverso dell'energia dello stato fondamentale
dell'atomo di Idrogeno secondo la teoria di Bohr che possiamo scrivere:
ε0 =
-
2π2me4
h2
al che l'equazione diventa:
d2
dξ2R∞(ξ)
-
E
ε0
·
R∞(ξ)
= 0
e, posto
ε = E
ε0, si ottiene l'equazione nella scrittura compatta
d2
dξ2R∞(ξ)
-
ε
·
R∞(ξ)
= 0
così l'equazione ha la stessa struttura di quella relativa a Φ(φ) e può essere risolta allo stesso modo, ricorrendo alla sua omogenea associata che si scrive:
α2 - ε = 0 con soluzioni
α1,2 =
±
√ε, ottenendosi:
R∞(ξ) = A · e±
√ε · ξ
dove la soluzione positiva non è accettabile perchè l'integrale del quadrato del modulo di R(ξ), esteso all'intervallo [0, +∞], è divergente,
cioè non ha un valore finito che deve avere per essere normalizzato ad 1; quindi si ha:
R∞(ξ) = A · e-
√ε · ξ
8.
Un opportuno cambiamento di variabile indipendente, ponendo
r = a0·ξ e E = ε0·ε
Ora modifichiamo anche la (6.g), sostituendo a
r = a0·ξ e a
E = ε0·ε; naturalmente
ξ e
ε sono adimensionali; in questo modo risulta:
1
a02 ·
d2
dξ2R(ξ)
+
2
a02·ξ
·
d
dξ
R(ξ)
+
8π2m
h2 ·R(ξ)
·
(ε0ε +
e2
a0ξ
)
-
l(l+1) ·
R(ξ)
a02ξ2
= 0
moltiplichiamo per
a02
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
+
a02 · 8π2m
h2 ·R(ξ)
·
(ε0ε +
e2
a0ξ
)
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0
togliamo le tonde, moltiplicando ancora:
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
+
a02 · 8π2m
h2 ·R(ξ)
·
ε0ε +
a02 · 8π2m
h2 ·R(ξ)
·
e2
a0ξ
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0
cioè
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
+
a02 · 8π2m
h2 ·R(ξ)
·
ε0ε +
a0 · 8π2m
h2 ·R(ξ)
·
e2
ξ
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0
e sostituiamo ad
a0 l'espressione vista prima:
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
+
(h2
4π2me2
)2
· [8π2m
h2 ·R(ξ)
·
ε0ε] +
(h2
4π2me2
) · 8π2m
h2 ·R(ξ)
·
e2
ξ
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0
semplificando
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
+
h2
2π2me4
·
R(ξ)
·
ε0ε +
2
ξ ·R(ξ)
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0
infine sostituiamo l'espressione di
ε0
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
+
h2
2π2me4
·
R(ξ)
·
(-
2π2me4
h2)·ε +
2
ξ ·R(ξ)
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0
dunque
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
-
ε·R(ξ)
+
2
ξ ·R(ξ)
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0 (8.1)
9.
Risoluzione delle equazioni asintotiche della funzione d'onda radiale: determinazione della soluzione asintotica di R(r) per r → 0
Partiamo dall'equazione in funzione di ξ, la
(8.1), e andiamo a studiare l'altra equazione e soluzione asintotica, ottenuta per
r → 0; i termini senza
derivate sono tre, ma due sono trascurabili quando
r → 0 perchè sono costanti o aumentano troppo lentamente; quindi l'equazione in un intorno dello zero ha le stesse soluzioni di
d2
dξ2
R0(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R0(ξ)
-
l(l+1)
ξ2
· R0(ξ)
= 0
Questa è
un'
equazione differenziale ordinaria (non alle derivate parziali) del secondo ordine a coefficienti non costanti.
Il problema sta proprio in questo, che non esistono metodi generali di
risoluzione di questo tipo di equazioni (a coefficienti non costanti).
Esse si risolvono spesso con
l ' impiego di serie e di sviluppi in serie che portano a funzioni con fattori polinomi.
Moltissimi testi propongono la soluzione senza quasi nessuna giustificazione ed è difficile rendersi conto del perchè delle soluzioni proposte.
Esiste però una teoria matematica che fornisce spunti per la loro risoluzione ed è
la teoria delle funzioni analitiche di una variabile complessa che ammettano singolarità fuchsiane o non essenziali (eliminabili).
La nostra equazione è
un'equazione del secondo ordine a variabile reale (che si può considerare un caso particolare di variabile complessa, con coefficiente della parte
immaginaria = 0) che ha una singolarità fuchsiana nell'origine dell'asse ξ.
Infatti si ha
Nel caso di un'equazione del secondo ordine del tipo:
y"(ξ) + v(ξ) · y'(ξ) + w(ξ) · y(ξ) = 0 essa è
un'equazione fuchsiana del secondo ordine, se il punto ξ = ξ
0
(nel nostro caso l'origine dell'asse ξ, cioè ξ
0 = 0) è punto singolare isolato fuchsiano, cioè se v(ξ) è polo di ordine 1 in ξ
0
(cioè infinito o infinitesimo del 1° ordine), mentre w(ξ) è polo di
ordine 2, cioè infinito o infinitesimo di 2° ordine, e l'equazione ammette solo punti singolari fuchsiani, intesi come singolarità isolate dove vale il
Teorema di Fuchs
Nell'intorno di un punto fuchsiano ξ
0 esiste sempre una soluzione del tipo
y1 = (ξ - ξ0)γ · t1(ξ)
dove l'esponente
γ è soluzione di una equazione algebrica associata che si può scrivere
γ2 + (m0 - 1)γ + n0 = 0 dove
m0 =
lim
ξ → ξ0
(ξ - ξ0) · v(ξ) e
n0 =
lim
ξ → ξ0
(ξ - ξ0)2 · w(ξ) e la funzione t
1(ξ) una funzione polinomiale da determinare.
Nel caso in esame, la serie si riduce ad una costante, cioè ad un polinomio di grado zero.
In generale si può porre
t1(ξ) = Σckak(ξ);
ma nel nostro caso, si potrebbe dimostrare che la serie si riduce a
a0 = 1; al momento la controprova si può fare, sostituendo nell'equazione la soluzione proposta, verificandola.
Per prima cosa, dunque, determiniamo
m0 e n0, calcolando i due limiti per
ξ → 0 posto che
v(ξ) =
2
ξ
cioè la funzione coefficiente della derivata di
R0(ξ) e
w(ξ) = -
l(l+1)
ξ2
la funzione coefficiente di
R0(ξ) .
Appare evidente che i prodotti dei quali fare il limite per ξ → 0 sono in realtà delle costanti, per cui risulta
m0 = 2, n0 =
-l(l+1)
, quindi l'equazione algebrica associata è
γ2 + γ - l(l+1) = 0
e risolvendo, si ha
γ1 = l e
γ2 = - l-1
per cui le soluzioni ottenute sono
y1 = ξl e
y2 = ξ-l-1 dove però la
y2
non è accettabile dal momento che tende a
+∞ per
ξ → 0 e quindi nell'intorno di ξ = 0 la soluzione asintotica è data da
R0(ξ) = ξl
10.
Ottenimento della soluzione generale R(r) della parte radiale dell'Equazione di Schrödinger
In definitiva è lecito supporre che la struttura della
funzione d'onda radiale, mettendo insieme a mo' di fattori le soluzioni asintotiche trovate, sia:
R(ξ) = A · e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)
dove la costante
A è un
fattore di normalizzazione da determinare e
t1(ξ) è una funzione da definire come sviluppo polinomiale opportuno.
Tornando alla (
8.1)
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
-
ε·R(ξ)
+
2
ξ ·R(ξ)
-
l(l+1) ·
R(ξ)
ξ2
= 0
essa si può scrivere, raccogliendo i termini con
R(ξ)
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
-
(
ε
-
2
ξ
+
l(l+1)
ξ2
) · R(ξ)
= 0
riducendoli a denominator comune
d2
dξ2R(ξ)
+
2
ξ
·
d
dξ
R(ξ)
-
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2
· R(ξ)
= 0
ed è evidente che la struttura dell'equazione soddisfa il teorema di Fuchs, dove
v(ξ) =
2
ξ
e w(ξ) =
-
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2
da cui risulta
m0 =
lim
ξ → ξ0
(ξ - ξ0) · v(ξ) e
n0 =
lim
ξ → ξ0
(ξ - ξ0)2 · w(ξ) e si può procedere con il calcolo dei due limiti, posto che
ξ0 = 0
m0 =
lim
ξ → 0
ξ · v(ξ) =
lim
ξ → 0
ξ ·
2
ξ = 2 e
n0 =
lim
ξ → 0
ξ2 · w(ξ) =
lim
ξ → 0
{ ξ2 ·
[ -
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2 ]}
=
-
lim
ξ → 0
[
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
] = - l(l+1)
I valori di m
0 e di n
0 sono gli stessi che per l'equazione asintotica di R
0(ξ), ma l'espressione risultante per la funzione comprende come
fattore una serie che non si riduce ad una costante; quindi per la funzione R(ξ) occorre scrivere
R(ξ) = A · e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)
(10.1)
dove t
1(ξ) è una funzione sostituibile con una serie
t1(ξ) = Σk ak· ξk
o equivalente, studiata per ottenere la migliore approssimazione; la ricerca della serie più idonea, per meglio approssimare la funzione t
1(ξ), si fa per tentativi, basandosi
sull'intuizione e le esperienze precedenti. In questo caso, a suo tempo, si trovò che la migliore approssimazione si ottiene con la serie
t1(ξ) = Σk ak· (2ξ√ε)k
Per poter procedere, inseriamo nell'equazione differenziale
(7.3) l'espressione vista per
R(ξ), senza la costante
A,
cioè
R(ξ) = e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)
ottenendosi:
d2
dξ2
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
+
2
ξ
·
d
dξ
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
-
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2
·
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
= 0 (10.2)
A questo punto calcoliamo l'espressione della derivata prima
d
dξ
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
=
l ·
e-
√ε · ξ · ξl - 1 · t1(ξ)
-
√ε ·
e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)
+
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ) =
(
l
ξ -
√ε) ·
e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)
+
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
dove i termini contenenti la
t1(ξ) sono stati raccolti a fattor comune, dopo aver trasformato la potenza
ξl - 1
in
ξl (notare
l
→
l
ξ
)
.
Procediamo poi determinando la derivata seconda di
R(ξ), facendo la derivata della derivata prima già calcolata (la parte in rosso-brown del calcolo precedente) ed osservando che se la
derivata prima consta di 3 termini prodotto, lo sviluppo della derivata seconda sarà costituito da 9 termini prodotto:
d2
dξ2
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
=
l(l - 1) ·
e-
√ε · ξ · ξl-2 · t1(ξ)
-
l
√ε · ξl - 1
·
e-
√ε · ξ
· t1(ξ)
+
l
e-
√ε · ξ · ξl - 1 ·
d
dξt1(ξ)
+
ε
e-
√ε · ξ · ξl ·
t1(ξ)
+
-
l
√ε · ξl
- 1 · e-
√ε · ξ
· t1(ξ)
-
√ε ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
l
e-
√ε · ξ · ξl - 1 ·
d
dξt1(ξ)
-
√ε ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
e-
√ε · ξ · ξl ·
d2
dξ2t1(ξ)
In tutti i termini c'è una potenza in base
ξ, anche con esponenti <
l; scriviamoli tutti in modo che compaia
ξl, ponendo
ξl - 1 =
ξl
ξ
e
ξl -2 =
ξl
ξ2
e così otteniamo:
d2
dξ2
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
=
l(l - 1)
ξ2
·
ξl ·
e-
√ε · ξ · t1(ξ)
-
l
√ε
ξ
· ξl
·
e-
√ε · ξ
· t1(ξ)
+
l
ξ
· ξl ·
e-
√ε · ξ ·
d
dξt1(ξ)
+
ε
· ξl ·
e-
√ε · ξ ·
t1(ξ)
+
-
l
√ε
ξ
· ξl
·
e-
√ε · ξ
· t1(ξ)
-
√ε ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
l
ξ
· ξl ·
e-
√ε · ξ ·
d
dξt1(ξ)
-
√ε ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
e-
√ε · ξ · ξl ·
d2
dξ2t1(ξ)
I vari termini sono raccolti insieme a seconda che contengano il fattore
t1(ξ) o la sua derivata, mettendoli in evidenza assieme alla potenza in base
ξ e
all'esponenziale:
d2
dξ2
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
=
l(l - 1)
ξ2
·
ξl ·
e-
√ε · ξ · t1(ξ)
-
l
√ε
ξ
· ξl
·
e-
√ε · ξ
· t1(ξ)
+
ε
· ξl ·
e-
√ε · ξ ·
t1(ξ)
-
l
√ε
ξ
· ξl
·
e-
√ε · ξ
· t1(ξ)
+
+
l
ξ
· ξl ·
e-
√ε · ξ ·
d
dξt1(ξ)
-
√ε ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
l
ξ
· ξl ·
e-
√ε · ξ ·
d
dξt1(ξ)
-
√ε ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
e-
√ε · ξ · ξl ·
d2
dξ2t1(ξ)
Non resta che ordinare il secondo membro, mettendo prima il termine contenente la derivata seconda, poi i termini contenenti la derivata prima ed infine quelli contenenti il fattore
t1(ξ):
d2
dξ2
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
=
(
l(l - 1)
ξ2
-
l
√ε
ξ
+
ε
-
l
√ε
ξ
)
·ξl
·
e-
√ε · ξ
·t1(ξ)
+
(
l
ξ
-
√ε
+
l
ξ
-
√ε ) ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
e-
√ε · ξ · ξl ·
d2
dξ2t1(ξ)
Sommando nelle parentesi i termini uguali o simili ed ordinando, come detto prima, secondo l'ordine massimo di derivazione, si ha:
d2
dξ2
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
=
e-
√ε · ξ · ξl ·
d2
dξ2t1(ξ)
+
2 · (
l
ξ
-
√ε
) ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
+
(
l(l - 1)
ξ2
-
2 ·
l
√ε
ξ
+
ε )
· ξl
·
e-
√ε · ξ
· t1(ξ) (10.3)
A questo punto siamo in grado di effettuare le sostituzioni desiderate nell'equazione
(10.2), in modo da passare dalla funzione
R(ξ) alla funzione
t1(ξ); nella
(10.2) alla derivatra seconda sostituiamo
il secondo membro della
(10.3) e alla derivata prima l'espressione a 3 termini trovata:
e-
√ε · ξ · ξl ·
d2
dξ2t1(ξ)
+
2 · (
l
ξ
-
√ε
) ·
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ)
+
(
l(l - 1)
ξ2
-
2 ·
l
√ε
ξ
+
ε )
· ξl
·
e-
√ε · ξ
· t1(ξ) +
2
ξ·
[
(
l
ξ -
√ε) ·
e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)
+
e-
√ε · ξ · ξl ·
d
dξt1(ξ) ]
-
ε · ξ2
- 2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2
·
[e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)]
= 0
tra tutti i termini a primo membro, si può mettere in evidenza
e-
√ε · ξ · ξl,
due fattori che non si annullano mai in tutto l'intervallo
[0, +∞) e quindi si possono eliminare, dividendo per essi primo e secondo membro:
d2
dξ2t1(ξ)
+
2 · (
l
ξ
-
√ε
) ·
d
dξt1(ξ)
+
(
l(l - 1)
ξ2
-
2 ·
l
√ε
ξ
+
ε )
· t1(ξ) +
2
ξ·
[
(
l
ξ -
√ε) ·
t1(ξ)
+
d
dξt1(ξ) ] +
-
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2
·
t1(ξ)
= 0
Raccogliendo ancora i termini in
t1(ξ) e con derivata prima:
d2
dξ2t1(ξ)
+
2 · (
l
ξ
-
√ε +
1
ξ
) ·
d
dξt1(ξ)
+
(
l(l - 1)
ξ2
-
2 ·
l
√ε
ξ
+
ε )
· t1(ξ) +
2
ξ·
(
l
ξ -
√ε) ·
t1(ξ)
-
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2
·
t1(ξ) = 0
Riducendo a denominator comune nel coefficiente della derivata prima e raccogliendo
t1(ξ) negli ultimi tre termini, otteniamo:
d2
dξ2t1(ξ)
+
2 · (
l
ξ
-
√ε
+
1
ξ
) ·
d
dξt1(ξ)
+
[
(
l(l - 1)
ξ2
-
2 ·
l
√ε
ξ
+
ε )
+
2
ξ·
(
l
ξ -
√ε) ·
-
ε · ξ2
-
2 · ξ
+
l(l+1)
ξ2
] ·
t1(ξ)
= 0
Quindi si riducono a denominator comune i termini del coefficiente di
t1(ξ)
d2
dξ2t1(ξ)
+
2 · (
l
ξ
-
√ε
+
1
ξ
) ·
d
dξt1(ξ)
+
l(l - 1)
-
2 · ξ ·
l
√ε
+
ε · ξ2 + 2 l -
2·ξ √ε
-
ε · ξ2
·
+
2 · ξ
-
l(l+1)
ξ2
·
t1(ξ)
= 0
Moltiplicando e semplificando, si ottiene
d2
dξ2t1(ξ)
+
2 · (
l
ξ
-
√ε
+
1
ξ
) ·
d
dξt1(ξ)
+
2
ξ
·
[1
-
√ε
(l+1)
]
·
t1(ξ)
= 0
Equazione, derivata da quella della funzione d'onda radiale R(ξ), che ci consente di studiare la funzione
t1(ξ) rappresentabile con una serie
del tipo
Σkakξk.
11.
Formula di ricorrenza della serie t1(ξ) e considerazioni sulle regole di selezione per ottenere i numeri quantici n, l
Per poter procedere, facciamo una ultima sostituzione di variabile, ponendo
u = 2 ξ√ε
avendosi
dξ =
du
2 √ε
e di conseguenza
dξ2 =
du2
4 ε
e andando a fare le sostituzioni, si ha
4 ε
d2
du2 t1(u)
+
2 · (
2 √ε l
u
-
√ε
+
2 √ε
u
) · 2 √ε
d
du t1(u)
+
4 √ε
u
·
[1
-
√ε
(l+1)
]
·
t1(u)
= 0
elaborando e semplificando, risulta
d2
du2 t1(u)
+
[
2 (l + 1)
u
-
1 ]
·
d
du t1(u)
+
1
-
(l+1)
√ε
√ε u
·
t1(u)
= 0
(11.1)
A questo punto, la serie da utilizzare come funzione sia
t1(u) = Σk akuk; proviamo a sostituirla nell'equazione
Σk ak k (k - 1) uk - 2
+
[
2 (l + 1)
u
-
1 ]
·
Σk ak k uk - 1
+
1
-
(l+1)
√ε
√ε u
·
Σk ak uk
= 0
Sviluppiamo il 2° e il 3° termine, togliendo le parentesi e osservando che
uk - 1
u
= uk - 2
Σk ak k (k - 1) uk - 2
+
2 (l + 1)
·
Σk ak k uk - 2
-
Σk ak k uk - 1
+
1
-
(l+1)
√ε
√ε
·
Σk ak uk - 1
= 0
e raccogliendo per potenze di uguali esponenti
Σk ak k [(k - 1) + 2 (l + 1)] · uk - 2
-
Σk
ak (k +
l + 1 -
1
√ε)
·
uk - 1
= 0
Scriviamo la prima serie, incrementando l'indice (
k) di 1 unità, per sincronizzare gli esponenti a
k - 1 (uk - 1)
Σk ak+1 (k+1) [k + 2 (l + 1)] · uk - 1
-
Σk
ak (k +
l + 1 -
1
√ε)
·
uk - 1
= 0
cioè
Σk
{
ak+1 (k+1) [k + 2 (l + 1)]
-
ak (k +
l + 1 -
√ε)
} ·
uk - 1 = 0
e quindi deve risultare
ak+1 (k+1) [k+2 (l +1)]
-
ak (k+
l + 1 -
1
√ε)
= 0
ottenendosi la formula ricorrrente per i coefficienti
ak+1 (k+1) [k + 2 (l + 1)]
=
ak (k +
l + 1 -
1
√ε)
dunque risulta, posto
λ =
1
√ε,
ak+1
ak
=
k +
l + 1 -
λ
(k+1) [k + 2 (l + 1)]
Intanto definiamo il
Raggio di Convergenza di una serie
Si definisce Raggio di Convergenza R di una serie
, dove, nel nostro caso,
x0 = 0, il valore
R := sup { x ∈ ℜ + | Σkak xk converge }
cioè
R è uguale all'estremo superiore dell'insieme delle x appartenenti al campo Reale positivo tali che la serie converga.
Quindi il Raggio di convergenza di una serie esiste sempre e si hanno tre casi: R = 0;
R = +∞; 0 < R < +∞
Al fine di stabilire la convergenza o meno di una serie esiste il
Criterio del Rapporto o Criterio di convergenza di D'Alembert sul Raggio di convergenza della serie, detto
R il raggio di convergenza, si sa che se risulta
lim
k → +∞
|
ak+1
ak
|
= 0 allora risulta anche che
R → +∞ cioè il raggio di convergenza della serie tende a infinito; questo significa che troncando la serie ad un valore qualunque, finito, di k,
il polinomio risultante di grado k-esimo converge ad un valore finito.
Possiamo anche constatare che per
k grandi, il rapporto
ak+1
ak
→
1
k
così che possiamo porre
ak+1 =
ak
k
e se due termini consecutivi sono esprimibili in questo modo, è facile riconoscere che la serie diventa
Σk
a0
k!
· uk
=
a0
·
Σk
uk
k!
=
a0 · eu
che per u → +∞ è divergente, nel senso che il limite diventa infinito.
Vediamo la dimostrazione, quasi immediata, di
lim
k → +M
ak+1
ak
dove con +M si è voluto indicare un numero intero positivo molto grande, ma finito; detto questo, è chiaro che risultando k = +M >>
l + 1 - λ
e k >>
2(
l + 1), risulta comprensibile porre
lim
k → +M
ak+1
ak
=
lim
k → +M
k +
l + 1 -
λ
(k+1) [k + 2 (l + 1)]
=
k
k2
=
1
k
Per rendersi conto poi di come la serie si possa scrivere come visto prima, con il fattoriale di k (k!) al denominatore, basta osservare che i primi termini della serie sono:
a0
1
,
a1
1
=
a0
1
,
a2
2
=
a0
1·2
,
a3
3
=
a0
1·2·3
,
a4
4
=
a0
1·2·3·4
, ...,
ak
k
=
a0
k!
con l'unica avvertenza che al denominatore del primo termine è stato necessario "forzare" l'uno al posto dello zero, o considerarlo 0! che è uguale ad 1.
Dunque la serie converge alla funzione
eu → +∞ per u → +∞, con la conseguenza che la funzione d'onda anche se c'è
il fattore
ul tende all'infinito per u → +∞, a meno che non si tronchi la serie ad un indice k=n, dal momento
che il Raggio di Convergenza è qualunque numero reale positivo, ma finito.
Per troncare la serie, bisogna ammettere che dal n-esimo (n = λ) in poi i termini siano tutti nulli; e siccome gli
ak sono tutti diversi da zero, allora ne consegue che deve essere nullo il fattore
k +
l + 1 -
λ
; da questo consegue che
λ è un numero intero positivo, perchè deve risultare
λ = n = k +
l + 1
dove
k, l ∈ N
sono cioè numeri naturali, quindi interi.
Intanto dall'espressione
λ = n
dove
λ =
1
√ε si mette in relazione il
numero quantico principale n, perchè di questo si tratta, con l'energia ε del livello
energetico, ottenendosi la stessa formula che si ricava con la teoria di Bohr; infatti:
n2 = λ2 =
1
ε da cui
ε =
1
n2 e dal momento che
ε =
-
En
ε0 si ricava
En
=
-
ε0
n2
=
-
2π2me4
n2
che è l'espressione dell'energia di un livello energetico dell'atomo di Idrogeno.
Ricordiamo che il troncamento della serie, cioè ridurre la serie ad un polinomio, è necessario per far si che il limite per
u → ∞ sia finito e non infinito (questo troncamento potrà come visto essere fatto per
un qualunque grado polinomiale, purchè finito, visto che il
Raggio di Convergenza della serie è infinito).
Appare evidente allora che la serie può essere troncata a qualunque valore
n ∈ N
≡
{0, 1, 2, ... N}
dell'insieme dei Numeri Naturali; dove il valore n di troncamento è chiaramente il numero quantico principale n a cui corrisponde un livello energetico
dell'atomo di idrogeno, con un corrispondente autovalore per l'energia En (autovalore calcolato poc'anzi) ed una corrispondente autofunzione per la funzione d'onda.
Considerando dunque tutti i possibili valori di troncamento si otterrà un set completo di autofunzioni per l'atomo d'idrogeno; questo accade sia per la parte radiale R(r) sia, come si vedrà, per la parte angolare Θ(θ).
In realtà la situazione è molto più complessa, dal momento che la molteplicità dei livelli energetici è = 1 solo per n=1, mentre per n > 1 è sempre > 1 e cresce salendo di livello in livello.
Ciò significa che per ogni valore di n si hanno più funzioni d'onda dal momento che per ogni n > 1 è possibile più di un valore per
l
A questo punto cerchiamo di capire come va intesa l'espressione
n = k +
l
+ 1 dove il parametro k è chiamato
numero quantico radiale ed è indicato con
nr; per cui si ha:
n = nr +
l
+ 1.
La logica sottesa alla relazione scritta è la seguente:
- la somma del numero quantico radiale nr con il numero quantico azimutale l
è uguale a n - 1;
- essi possono variare entrambi da ZERO a n - 1 e quindi sono tali che se uno assume il valore massimo (n-1), l'altro vale ZERO, e viceversa;
- il numero quantico radiale è associato al fattore radiale R(r) della funzione d'onda e specifica il numero di nodi che essa ammette, essendo un nodo il luogo dei punti dove la funzione si azzera cambiando segno di fase;
- il numero quantico secondario o azimutale l è associato al momento angolare e al sottolivello energetico;
se n quantizza l'energia,
l quantizza il momento angolare;
Nell'immagine sono visibili i grafici delle prime 3 funzioni d'onda radiali con
l = 0, dove si vede che R
10 non ha nodi, R
20 ne ha uno ed R
30 ne ha due
È chiaro che il valore di troncamento della serie (k = n) è il
numero quantico principale n del livello energetico
e che facendo tutti i possibili troncamenti di serie, a partire da k = 1,
si ottengono tutti i livelli energetici dell'atomo di idrogeno, con tutti gli autovalori dell'energia e le autofunzioni associate, risolvendo ovviamente anche
le equazioni in θ e in φ e normalizzando i relativi prodotti R(r)·Θ(θ)·Φ(φ).
In definitiva si procede in modo che, fissato il valore del
numero quantico principale n, che individua il livello energetico, e stante la condizione
l ≤ n - 1 ,
si assegna ad
l
il primo valore più basso, cioè Zero a cui corrisponde
nr = n-1 cioè, in questo livello fissato dal valore di n, la funzione d'onda
R(r) con il maggior numero
di nodi: con l'ovvia conclusione che aumentando di una unità il valore del numero quantico azimutale, diminuisce di una unità il numero di nodi della funzione, fino ad arrivare, per
l = n-1, ad una funzione d'onda con ZERO nodi.
Ad ogni sottolivello resta associata una
molteplicità che scaturisce come si vedrà dal fatto che ad ogni valore di
l
corrispondono due valori di m,
numero quantico magnetico, uno positivo e uno negativo;
per cui questa molteplicità è pari a 2
l
+ 1, dal momento che per l=0 corrisponde solo m=0, senza cioè doppio segno per il valore zero.
valore di l |
valori di m
| numero valori di m
| molteplicità |
nodi nr |
l = n-1 |
±(n-1), ±(n-2), ±(n-3), ..., ±2, ±1, 0
|
2, 2, 2, ..., 2, 2, 1
|
l coppie per
2l valori + 1 per
l=0; per complessivi 2 l + 1 valori di m
| 0
|
l = n-2 |
±(n-2), ±(n-3), ±(n-4), ..., ±2, ±1, 0
|
2, 2, 2, ..., 2, 2, 1
|
l coppie per
2l valori + 1 per
l=0; per complessivi 2 l + 1 valori di m
| 1
|
.................................................................................................................................
|
l = 2 |
±2, ±1, 0
|
2, 2, 1
|
2 coppie per 4 valori + 1 per
l=0; per complessivi 5 valori di m
| n-3
|
l = 1 |
±1, 0
|
2, 1
|
1 coppia di valori + 1 per
l=0, per complessivi 3 valori di m
| n-2
|
l = 0 |
0
|
1
|
1 solo valore di m
| n-1
|
la molteplicità di sottolivello è dunque uguale a 2l + 1 |
Se ad un sottolivello resta associata la molteplicità
2l + 1,
quanto sarà quella associata al corrispondente livello?
È chiaro che, detta
gn la molteplicità del livello
n, si ha:
gn = Σ
l (2l + 1)
ovviamente con
0 ≤ l ≤ n - 1
e se facciamo una tabella delle molteplicità per tutti gli
n valori del
numero quantico secondario abbiamo
numero quantico l
| 0
| 1
| 2
| ......
| n-1
|
molteplicità sottolivello
| 1
| 3
| 5
| ......
| 2n-1
|
scala inversa molteplicità
| 2n-1
| 2n-3
| 2n-5
| ......
| 1
|
somma celle a2j + a3j
| 2n
| 2n
| 2n
| ......
| 2n
|
infatti per
l = n-1 abbiamo che la molteplicità è
2l + 1 = 2(n - 1) + 1 = 2n - 1, appunto.
Poi non è complicato rendersi conto del contenuto delle celle della 4ª riga; la somma delle celle corrispondenti (stessa colonna) della 2ª e 3ª riga è sempre
2n e le celle sono
n, ragion per cui
la somma del contenuto delle n celle della 4ª riga è
n · 2n = 2n2; ma si riferisce però al doppio della somma totale delle celle
della seconda (o terza) riga; cioè è il doppio della molteplicità e quindi la molteplicità di livello è di conseguenza
gn = n2.
12.
La funzione radiale R(u) e i Polinomi di Laguerre
Riprendiamo l'equazione
(11.1) dove la funzione incognita, da determinare, è
t1(u) a cui, come visto, si deve sostituire una serie da troncare opportunamente per
garantirsi la convergenza della
R(r) per
r → +∞; equazione che opportunamente elaborata, diventa:
u · d2
du2 t1(u)
+
(2 · l + 2 - u)
·
d
du t1(u)
+
(λ -
l - 1)
·
t1(u)
= 0 (12.0)
Da notare, per quanto riguarda il coefficiente
(λ - l - 1), che si è già visto che
λ = nr +
l + 1, e quindi risulta semplicemente
nr = λ - l - 1, per cui
l'equazione nella t
1(u) si può scrivere:
u · d2
du2 t1(u)
+
(2 · l + 2 - u)
·
d
du t1(u)
+
nr
·
t1(u)
= 0
Questa è un'equazione differenziale (ordinaria del secondo ordine) di Laplace, ampiamente studiata e documentata nella letteratura scientifica, che si risolve facendo ricorso ai
Polinomi di Laguerre ed ai
Polinomi generalizzati di Laguerre.
Un Polinomio di Laguerre di grado K è una funzione polinomiale la cui formula generatrice è
LK(u) = eu ·
dK
duK (uK · e-u)
o anche
LK(u) =
eu
K!
·
dK
duK (uK · e-u)
chiamata formula di Rodriguez
notando che a denominatore spesso può comparire il fattoriale di K; se lo si tralascia, come capita in alcuni testi,
non è
una dimenticanza, dal momento che, dovendo normalizzare successivamente la funzione d'onda, all'atto del calcolo del fattore di normalizzazione e quindi con la normalizzazione stessa, il fattoriale verrà automaticamente introdotto dal calcolo stesso.
Nella tabella qui di seguito, sono riportati i primi Polinomi di Laguerre, di grado più basso, avendo tralasciato al denominatore il fattoriale di K:
Grado K |
Polinomio di Laguerre |
0 |
L0 = 1 |
1 |
L1 = 1 - u |
2 |
L2 = 2 - 4u + u2 |
3 |
L3 = 6 - 18u + 9u2 - u3 |
Posto
ω(u) = uK · e-u
la relazione precedente si può scrivere
LK(u) = eu ·
ω(K)(u) (12.1)
facendo la derivata prima si ha
ω'(u) = K · uK-1 · e-u - uK · e-u
ed elaborando l'espressione trovata
ω'(u) =
K
u
· uK · e-u - uK · e-u
cioè
ω'(u) =
( K
u
- 1)
· uK · e-u
e liberando dal denominatore
u · ω'(u) = (K - u) · ω(u).
A questo punto, si pensi di derivare ancora
K + 1 volte l'ultima espressione scritta, tenendo presente che per trovare la n-esima derivata di un prodotto
x · f(x)
vale la formula di Leibnitz
dn
dxn(x · f(x)) = x · f (n)(x) + n · f (n-1)(x) e quindi dalla nostra ultima, precedente equazione differenziale del primo ordine, togliendo prima a secondo membro la tonda e moltiplicando
u · ω'(u) = K · ω(u) - u · ω(u), otteniamo differenziando
K+1 volte mediante l'applicazione della formula di Leibnitz
u · ω(K+2)(u) + (K+1) · ω(K+1)(u) = K · ω(K + 1)(u) - u · ω(K + 1)(u) - (K+1) · ω(K)(u)
e portando tutto a primo membro, sommando i termini simili rispetto alle derivate
u · ω(K+2)(u) + (K+1) · ω(K+1)(u) - K · ω(K + 1)(u) + u · ω(K + 1)(u) + (K + 1) · ω(K)(u) = 0
cioè
u · ω(K+2)(u) + (1 + u) · ω(K+1)(u) + (K + 1) · ω(K)(u) = 0
(12.2)
Dalla
(12.1) si ottiene
ω(K)(u)
=
LK(u)
eu
=
LK(u) · e-u
(12.3)
Nella
(12.2) oltre alla
ω(K)(u) compaiono la
ω(K+1)(u) e la
ω(K+2)(u) che sono la derivata
prima e la derivata seconda di
ω(K)(u) per cui risulta
ω(K+1)(u) = L'K(u) · e-u - e-u · LK(u) =
e-u · [ L'K(u) - LK(u) ]
ed ancora
ω(K+2)(u) =
d
du
{ e-u · [ L'K(u) - LK(u) ]} =
- e-u
· L'K(u) + e-u · LK(u) + e-u · L"K(u)
- e-u · L'K(u) =
e-u · L"K(u) - 2 · e-u · L'K(u)
+ e-u · LK(u)
sostituendo poi nella
(12.2)
u ·
[ e-u · L"K(u) - 2 · e-u · L'K(u)
+ e-u · LK(u) ] + (1 + u) ·
e-u · [ L'K(u) - LK(u) ] + (K + 1) · e-u · LK(u) = 0
togliendo le parentesi, moltiplicando, semplificando e raccogliendo termini simili rispetto alle derivate di
LK(u)
u
· L"K(u) - 2 · u · L'K(u)
+ u · LK(u) + (1 + u) ·
L'K(u) - (1 + u) · LK(u) + (K + 1) · LK(u) = 0
ottenendo
u
· L"K(u) - 2 · u · L'K(u)
+ u · LK(u) + (1 + u) ·
L'K(u) - (1 + u) · LK(u) + (K + 1) · LK(u) = 0
e semplificando
u
· L"K(u)
+ (1 - u) ·
L'K(u) + K · LK(u) = 0
Giunti a questo punto, si è in grado, partendo da quest'ultima equazione trovata, di arrivare a definire i
Polinomi Associati di Laguerre che compariranno
esplicitamente nell'espressione generale per calcolare la
funzione d'onda radiale R(r) per l'atomo di idrogeno (o per un atomo idrogenoide).
Per giungere alla loro definizione, differenziamo ancora una volta l'equazione suddetta:
u
· L"'K(u)
+
L"K(u)
+
-
L'K(u)
+
(1 - u) ·
L''K(u) + K · L'K(u)
= 0
cioè
u
· L"'K(u)
+
[1 + (1 - u)] ·
L"K(u)
+ (K - 1) · L'K(u)
= 0
che possiamo indicare con l'ordine di derivazione aggiunto a parte
u
· L"(1)K(u)
+
[1 + (1 - u)] ·
L'(1)K(u)
+ (K - 1) · L(1)K(u)
= 0
e derivando ancora
u
· L"(2)K(u)
+
[2 + (1 - u)] ·
L'(2)K(u)
+ (K - 2) · L(2)K(u)
= 0 e quindi generalizzando alla j-esima derivata
u
· L"(j)K(u)
+
[j + (1 - u)] ·
L'(j)K(u)
+ (K - j) · L(j)K(u)
= 0 (12.4)
dove con ovvia interpretazione della notazione risulta
L(j)K(u) =
d j
du j
[eu
d K
du K
( uK · e -u) ]
dove giova osservare che se
j > K il polinomio si annulla. Come va intesa questa espressione?
La derivata K-esima di
uK · e-u non è altro che un prodotto di due fattori: un polinomio, con coefficienti a segni alterni, di grado K
della variabile
u, moltiplicato per
e-u; questo prodotto, opportunamente moltiplicato per
eu, lascia un polinomio
di grado K della variabile
u; successivamente la derivata j-esima del polinomio precedentemente ottenuto, abbassa di j unità di grado
il grado del polinomio finale nella variabile
u, ottenendosi pertanto un polinomio della variabile
u ma di grado
K - j, denominato
Polinomio generalizzato di Laguerre.
L(j)K(u) = 1 - |a1| · u + a2 · u2 - |a3| · u3 + .... + (-1)K-j-2 · |aK-j-2| · uK-j-2 + (-1)K-j-1 · |aK-j-1| · uK-j-1 + (-1)K-j · |aK-j| · uK-j
La logica qual è?
Si può fissare K e poi, ponendo j=0, j=1,... j=K-1, si ottengono K polinomi a grado decrescente che hanno caratteristiche molto interessanti, come stiamo per scoprire considerando la
(12.0)
u · d2
du2 t1(u)
+
(2 · l + 2 - u)
·
d
du t1(u)
+
(λ -
l - 1)
·
t1(u)
= 0
se si confronta la precedente equazione con la (12.4)
u
· L"(j)K(u)
+
[j + (1 - u)] ·
L'(j)K(u)
+ (K - j) · L(j)K(u)
= 0
si nota che esse sono uguali a patto che siano uguali i coefficienti delle derivate e a patto che si ponga
t1(u) = L(j)K(u)
In questo modo si ottiene un set completo di Polinomi associati di Laguerre che risultano essere ortogonali tra loro, nel senso che detti
L(j)K'(u) e L(j)K(u)
due polinomi del set, la condizione di ortogonalità è tale che risulti
dove
δ0 = 0 se
K ≠ K'
mentre se
K = K', δ0 =
(K!)3
(K - j)! (12.5)
La rappresentazione di Rodriguez (
Formula di Rodriguez) di un Polinomio Associato di Laguerre è data da:
L(j)k(u) =
eu · u-j
k!
·
dk
duk
(e-u · uk + j ) =
(-1)m ·
(k + j)!
(k - m)! · (j + m)! · m!
um
Dovendo dunque risultare
2 · l + 2 - u = j + 1 - u
e anche
λ - l - 1 = K - j
; dove, come già visto,
λ = n il
numero quantico principale, risultando allora
j = 2 ·
l + 1 e
n - l - 1 = K - 2 · l - 1 da cui si ricava
k = K = n + l
avendosi anche
Nella tabella di seguito
i polinomi generalizzati d Laguerre ottenuti per diversi valori di
numero quantico principale n e azimutale l
Livello |
Sottolivello |
Polinomio Laguerre |
n = 1 |
l = 0 |
L1(1)(u) = -1 |
n = 2 |
l = 0
l = 1 |
L2(1)(u) = 2u - 4
L3(3)(u) = -6 |
n = 3 |
l = 0
l = 1
l = 2
|
L3(1)(u) = -3u2 + 18u - 18
L4(3)(u) = 24u - 96
L5(5)(u) = - 120
|
13.
La funzione d'onda radiale R(r) completa e normalizzata, includendo i Polinomi generalizzati di Laguerre
Anche per i
Polinomi generalizzati di Laguerre vale lo stesso discorso fatto per i
Polinomi di Laguerre: manca il fattoriale di K a denominatore.
La loro importanza dipende dal fatto che
sono soluzioni dell'equazione radiale di Schrödinger per l'atomo d'drogeno, dal momento che formano un set completo di autofunzioni ortogonali nella forma
Rnl (u) = N · e-u/2 · u l ·
Con riferimento alla funzione
R(ξ) in (10.1), cioè
R(ξ) = A · e-
√ε · ξ · ξl · t1(ξ)
è immediato constatare come si tratti della stessa funzione, avendo evidentemente
R(ξ) = Rnl (u);
A = N;
e-u/2 = e-
√ε · ξ;
t1(ξ)
=
Infatti
-√ε
=
1
n, ξ =
n · u
2
da cui, si ricava
-√ε · ξ
=
- 1
n ·
n · u
2
=
-
u
2
e l'ultima uguaglianza con
t1(ξ) è a questo punto ovvia.
Il set di funzioni radiali
Rn,l (u)
che si ottengono considerando le possibili (infinite, teoricamente) coppie
n,l formano, come detto, un set di autofunzioni ortogonali tra loro e normalizzabili all'unità; a
questo punto, però, occorre, prima di procedere, tornare indietro alla variabile radiale indipendente originaria, cioè a
r, ricordando che sono stati fatti 2 cambi di variabile:
r → ξ → u
;
con il primo cambio abbiamo posto
ξ =
r
a0
; mentre con il secondo si è posto
u = 2 √ε ξ
e quindi complessivamente si ha
u =
2 r √ε
a0 =
2 · r
n a0 dove
a0 è il
Raggio di Bohr.
Di conseguenza l'espressione della funzione d'onda radiale
Rnl (u) = N · e-u/2 · u l ·

diventa
Rnl (r) = N ·
e-r/na0 ·
(
2r
na0
)l ·

e la condizione di ortonormalità è assicurata dal fatto che risulta:
dove
δnn' = 0 (condizione di ortogonalità o non sovrapposizione o indipendenza lineare) per
n ≠ n'; e
δnn' = 1 per
n = n' (se la funzione Radiale associata è normalizzata a UNO, cioè se è stato determinato
N, il
Fattore di Normalizzazione).
dove si ha
Rnl(r) · Rn'l(r) · r2 dr = N2 ·
(
2r
na0)
2l· e-(
r
na0)
·
·
e-(
r
na0)
·
· r2 · dr
= N2 ·
e-(
2r
na0)
·
(2r
na0)
2l ·
·
· r2 dr
Ed essendo
n = n' si ha
Rnl(r)·Rnl(r)·r2dr = [ Rnl(r) ]2 · r2 dr = N2 ·
(
2r
na0)
2l ·
e-(
r
na0)
·
·
e-(
r
na0)
·
·r2dr
= N2·
e-(
2r
na0)
·
(
2r
na0)2l · [
]2·r2dr
Che rappresenta la Probabilità di trovare l'elettrone nel volume compreso tra la superficie sferica di raggio
r e la superficie sferica di raggio
r + dr: chiamata appunto
Probabilità radiale.
Quindi si ha
e-(
2r
na0)
·
(
2r
na0)2l · [
]2 · r2 dr = 1
Per il calcolo del
Fattore di Normalizzazione N, conviene esprimere l'espressione in funzione della variabile
u:
e-u
·
u2l · [
]2 · r2 dr = 1
e considerando che
r =
n a0
2 · u
risulta
dr =
n a0
2 · du
ed anche
r2 =
n2 a02
4 · u2
per cui l'integrale in esame diventa
e-u
·
u2l · [
]2
·
n3 a03
8
· u2 du = 1
e mettendo in evidenza le costanti
n3 a03
8
· N2 ·
·
u2l · [
]2
·
u2 du = 1
Si consideri ora il solo integrale
·
u2l · [
]2
·
u2 du che può essere scritto anche
·
u2l + 1 · [
]2
·
u · du se ricordiamo la formula di integrazione per parti
f '(u) · g(u) du = f(u) · g(u) -
f(u) · g'(u) du
dove conviene scegliere come
fattore
finito g(u) = u,
mentre il
fattore differenziale è dato da
f '(u) = e-u · u2l + 1 · [
]2
e quindi in base alla
(12.5)
risulta
f(u) =
·
u2l + 1 · [
]2
· du = 
(K!)3
(K - j)! =
[(n + l )!]3
(n - l - 1)!
avendo evidentemente
K = n + l e
j = 2l + 1
e quindi l'integrazione per parti si può scrivere
·
u2l + 1 · [
]2
·
u · du =
u ·
·
u2l + 1 · [
]2
·
du -
{
· u
2l + 1 · [
]2
·
du } · du =
u ·
[(n + l )!]3
(n - l - 1)!
-
{[(n + l )!]3
(n - l - 1)!}
· du =
[(n + l )!]3
(n - l - 1)!
· (u -
)
e dal momento che
= u + cost
con
cost costante arbitraria
di integrazione, si può scrivere
·
u2l + 1 · [
]2
·
u · du =
[(n + l )!]3
(n - l - 1)! · (u - u - cost)
=
- [(n + l )!]3
(n - l - 1)! · cost
tornando allora all'espressione contenente la costante di Normalizzazione da determinare, si ha
n3 a03
8
· N2 ·
·
u2l · [
]2
·
u2 du =
- [(n + l )!]3
(n - l - 1)!
·
n3 a03
8
· N2 · cost
= 1
dove, con considerazioni ignote e non documentate, si può trovare
cost = - 2n, in modo da ottenere
[(n + l )!]3
(n - l - 1)!
·
n3 a03
8
· N2 · 2n = 1
così che
[(n + l )!]3
(n - l - 1)!
·
n4 a03
4
· N2 = 1 cioè
N2 =
(n - l - 1)!
[(n + l )!]3
·
4
n4 a03
e per finire, si trova finalmente
N =
{4 ·(n - l - 1)!
n4 · a03 · [(n +
l )!]3
}½
Dove l'espressione dei
Polinomi generalizzati di Laguerre opportunamente normalizzati è data da:

=
(-1)k+1 ·
[(n +
l )! ]2
(n - l - 1 - k)! · (2
l + 1 + k)!
·
1
k!
·
(2r
na0
)k (13.1)
Abbiamo la seguente tabella dei primi Polinomi Associati (o Generalizzati) di Laguerre (con ovviamente
u =
2·r
n·a0
)
Polinomi Associati di Laguerre
|
| | | |
|
n = 1,
| l = 0
|
L
1
1
(u) = -1
|
| n = 4,
| l = 0
|
L
1
4
(u) = -3!(4 - 6u + 2u2 - ⅙u3)
|
| | |
|
| l = 1 |
L
3
5
(u) = -5!(10 - 5u + ½u2)
|
n = 2,
| l = 0 |
L
1
2
(u) = -2!(2 - u)
|
|
| l = 2 |
L
5
6
(u) = -6!(6 - u)
|
| l = 1
|
L
3
3
(u) = -3!
|
|
| l = 3 |
L
7
7
(u) = -7!
|
n = 3,
| l = 0 |
L
1
3
(u) = -3!(3 - 3u + ½u2)
|
|
| l = 1 |
L
3
4
(u) = -4!(4 - u)
|
|
| l = 2 |
L
5
5
(u) = -5!
|
|
Determiniamo a questo punto le prime funzioni d'onda Radiali di un atomo d'idrogeno (per ottenere l'atomo idrogenoide bisogna considerare Z > 1)
R10(r) =
2
√a03
· e
-
r
a0
→
R10(0) =
2√a03
=
2 · a0- 3
2 > 0
dove a destra vediamo il grafico della funzione d'onda radiale che presenta una cuspide per
r = 0
e non ha nodi (cioè valori di r dove cambia segno, intersecando l'asse r).
R20(r) =
1
2√2
·
a0-
5
2
· (a0 - r) · e
-
r
2a0
→
R20(0) =
1
2√2
·
a0-
7
2
> 0
A sinistra qui vediamo la funzione d'onda radiale corrispondente a
2s che presenta anch'essa una cuspide per
r = 0 e un nodo dal momento che
nr = n -
l - 1 = 1
Mentre qui a destra abbiamo la funzione d'onda del 3s
R30
R30(r) =
2
81√3
·
a0-
7
2
· (27a02 - 18a0r + 2r2) · e
-
r
3a0
→
R30(0) =
2
3√3
·
a0-
3
2
> 0
E vediamo che c'è sempre la cuspide per r = 0 e i nodi sono 2 perchè
nr = n - l - 1 = 3 - 0 - 1 = 2.

E qui a sinistra una veduta d'assieme delle funzioni radiali dei primi due livelli, mentre a destra il grafico per parte del 3° livello
dove le scale sono in unità atomiche e i grafici sono separati perchè i valori del 3° livello sono molto inferiori e darebbero un grafico
molto piccolo e poco visibile con chiarezza.
Le altre funzioni d'onda radiali, per valori superiori
R21(r) = R2p(r) =
1
2√6
·
a0-
5
2
· r · e
-
r
2a0
con 0 nodi (il
numero quantico secondario ha il valore massimo = n - 1, con n = 2) e
R(0) = 0
R31(r) = R3p(r) =
4
81√6
·
a0-
5
2
· (6a0 - r) · e
-
r
3a0
R31(0) =
4√6
81
·
a0-
3
2
con 1 nodo e
R(0) > 0.
R32(r) = R3d(r) =
4
81√30
·
a0-
5
2
· r2 · e
-
r
3a0
con ZERO nodi
In definitiva e ricapitolando, la funzione d'onda radiale si scrive
Rnl(r) =
{4 ·(n - l - 1)!
n4 · a03 · [(n +
l )!]3
}½
·
e-r/na0 ·
(
2r
na0
)l ·
(13.2)
E' utile determinare la Probabilità Radiale di trovare l'elettrone in uno strato sferico infinitesimo compreso tra
r e
r + dr, cioè
Pnl(r) = r2 · R2nl(r)
Nei grafici qui sotto è riportata la Probabilità radiale di trovare l'elettrrone nello strato sferico infinitesimo compreso tra
r e
r + dr per i vari orbitali.
Per la funzione
P10(r) si scrive
P10(r) =
r2 · [R10(r)]2 =
4
a03
·
r2 · e-
2r
a0
ed è semplice vedere che
il limite per r → 0 = 0; cioè più ci si avvicina al nucleo, più si riduce la probabilità
di trovare l'elettrone in un guscio sferico di spessore infinitesimo.
Proviamo a calcolare a quale distanza r
p_max la probabilità radiale risulta massima: occorre fare la derivata prima, eguagliandola, poi, a ZERO:
dP10(r)
dr
=
4
a03
·
d
dr
(r2 · e-
2r
a0
)
=
4
a03
· [ 2r · e-
2r
a03 + r2 ·
e-
2r
a03 · (
- 2
a03 )] =
8
a04 · (a0 - r) · r ·
e-
2r
a0
= 0
da cui è facile ottenere
rp_max = a0 cioè il
Raggio di Bohr, come c'era da attendersi;
quindi
la superficie sferica di massima probabilità per l'orbitale 1s più interno è quella corrispondente al Raggio di Bohr.
(il grafico non è molto preciso), ma, come atteso dalla teoria,
abbiamo una superficie sferica nodale, sulla quale la probabilità è ZERO, e due superfici sferiche dove la probabilità assume i valori massimi
(si ricordi che la funzione 2s ha un nodo: n - l - 1 = 1).